«Proporrò a tutti i partiti, anche a quelli di opposizione, di dare una mano perché la politica italiana offra una dimostrazione di strategia e non solo una rissa dopo l’altra». Sta in questo passaggio della enews di ieri la nuova strategia di Matteo Renzi, che parte del terremoto ma arriva al referendum.

L’offerta di «coesione» se non proprio di «unità nazionale» avanzata ai partiti di opposizione – in teoria anche ai 5 Stelle, in pratica soprattutto a Forza Italia – prende le mosse dal clima di solidarietà diffusa che è seguito al disastro di Amatrice. Renzi ci mette dentro molto di più.

«Nella mia responsabilità di capo del governo – scrive – proporrò a tutte le forze politiche di collaborare», «con Casa Italia in ballo c’è il futuro dei nostri figli, non di qualche ministero». E «Casa Italia è un progetto lungo, «che coinvolge concretamente tutti i cittadini interessati a dare una mano alla comunità. In Casa Italia immagino di inserire non solo i provvedimenti per l’adeguamento antisismico ma anche gli investimenti che stiamo facendo e che continueremo a fare sulle scuole, sulle periferie, sul dissesto idrogeologico, sulle bonifiche e sui depuratori, sulle strade e sulle ferrovie, sulle dighe, sulle case popolari, sugli impianti sportivi e la banda larga, sull’efficientamento energetico, sulle manutenzioni, sui beni culturali e sui simboli della nostra comunità».

Come si vede il menù è troppo vasto, l’offerta dunque ha solo il valore della mossa politica. E cerca di mettere in mora gli avversari.

M5S riprende immediatamente la sua parte polemica, approfittando della scelta di Renzi di nominare Vasco Errani commissario alla ricostruzione. «Gestisce un’emergenza con le logiche del congresso di partito. Incredibile!», commenta subito Luigi Di Maio, che come tutti ricorda i lunghi corteggiamenti tra il premier e uno dei leader della minoranza bersaniana del Pd. Ma il vice segretario del Pd Guerini reagisce offeso: «Mi dispiace che una tragedia venga utilizzata per fare polemiche».

Renzi soprattutto mette in difficoltà Forza Italia. Colta nel momento in cui Silvio Berlusconi – e per lui Stefano Parisi – sta cercando di riportare quel che resta del partito su un binario di moderazione, se non ancora di collaborazione con il governo. La proposta di Renzi è a lungo termine e l’immediata disponibilità di Arcore alimenta le voci sull’intenzione del Cavaliere di raccoglierla fino in fondo. I più nostalgici del «patto del Nazareno» si spingono a immaginare per questa via un ritorno di Berlusconi nella schiera dei sostenitori del Sì al referendum costituzionale, come da tempo gli chiede l’ala realista di Forza Italia, terrorizzata dall’abbraccio con Salvini.

Specularmente, i «duri» si agitano. «Dev’essere il premier a manifestare «una volontà attiva e concreta di coinvolgimento delle opposizioni», mette le mani avanti Renato Brunetta, «in ogni caso ciò non vuol dire assolutamente rinuncia alla nostra battaglia per il No al referendum». «Nessuna apertura nei confronti di Renzi e della sua fallimentare politica», si unisce Maurizio Gasparri. Berlusconi deve dettare una nota in cui smentisce la «fantasiosa ricostruzione degli organi di stampa» sulle sue intenzioni di «in particolare per quanto attiene ad un rinnovato accordo con il governo, che vada al di là della doverosa disponibilità a votare provvedimenti a favore delle popolazioni colpite».

Insomma, non sono ancora rose, ma potrebbero ugualmente fiorire. Perché Renzi ha capito di dover rovesciare il suo profilo aggressivo se vuole avere qualche chance di recuperare nei sondaggi in vista del referendum costituzionale. Anche sul terremoto segue i consigli del «guru» ingaggiato per la battaglia del Sì.