Non solo ragionamenti giuridici, anche argomenti politici non lontani nello stile da quelli che il presidente del Consiglio usa nei comizi. Ieri sera, poco prima della chiusura dei termini, l’Avvocatura dello stato ha depositato alla Corte costituzionale la sua memoria in difesa della legge elettorale. Ci sono dentro le ragioni per le quali, su mandato della presidenza del Consiglio, si ribadirà la piena costituzionalità dell’Italicum nell’udienza del prossimo 4 ottobre. Un passaggio tecnico e formale che contraddice le aperture di Renzi a possibili – e necessarie – modifiche della legge. Lungi dall’essere «incompatibile con la democrazia parlamentare», come sostengono gli avvocati che hanno promosso il «processo» alla nuova legge elettorale, l’Italicum sarebbe «finalizzato alla realizzazione di una democrazia governante».
La «democrazia governante» è una formula – com’è stato spiegato anche recentemente su queste pagine – tutta politica e tutta italiana dove l’aggettivo tende a negare il sostantivo. L’Avvocatura dello stato la riprende per giustificare la curvatura maggioritaria della legge. Uno sforzo al quale rinunciò il governo Monti nell’unico precedente che si può richiamare, rimettendosi alla Corte nel giudizio del 2013 sul Porcellum. Questa volta il mandato di palazzo Chigi è contrario: difendere anche con argomentazioni politiche l’Italicum. Con il rischio di rispondere più al dibattito interno del Pd che al merito delle questioni poste ai giudici delle leggi. Come quando nella memoria dell’Avvocatura si spiega che l’Italicum è anche meglio del Mattarellum rivisto – e cioè del sistema proposto da Bersani. Leggiamo infatti che «il sistema uninominale maggioritario» non sarebbe in grado di funzionare in un «sistema politico frammentato in tre o più poli come emerso nelle ultime elezioni politiche» perché così «si rischia di non avere un vincitore e di dover ricorrere a governi di larghe intese. Inoltre, se da elezioni con tale sistema emergesse un partito vicino al 40% e tutti gli altri sotto il 20%, il primo partito potrebbe invece vincere in una percentuale elevatissima di collegi». Anche davanti alla Corte costituzionale, l’argomento è quello dei comizi: bisogna sapere chi ha vinto e chi governerà la sera stessa delle elezioni.

Nei giudizi di primo grado davanti ai tribunali ordinari, l’Avvocatura dello stato aveva sostenuto che l’Italicum non era in alcun modo «processabile» perché non ancora applicato e dunque non in grado di ledere il diritto al voto libero dei ricorrenti. Accanto a questa tesi che, se accolta, potrebbe riproporre i disastri del Porcellum – parlamento eletto con una legge dichiarata successivamente incostituzionale – davanti alla Consulta gli avvocati di palazzo Chigi sostengono che non c’è alcun problema neanche per il premio di maggioranza assegnato al ballottaggio. È vero, non c’è un quorum minimo di accesso al secondo turno, e dunque anche una lista che al primo ha preso il 20% potrebbe vedersi assegnare alla fine il 54% dei seggi. Ma tale soglia «pur non essendo esplicitata… appare chiaramente in ragione della stessa natura del ballottaggio». Perché in ogni caso bisognerà conquistare almeno il 50+1 dei voti. In questo modo però non calcolando la percentuale di astenuti che si può prevedere altissima.
Dall’altra parte, e dunque contro l’Italicum, nella memoria dell’avvocato Besostri si lancia l’allarme sul fatto che il premio garantirà la maggioranza assoluta al primo partito anche nelle sedute comuni di camera e senato. E dunque «un solo partito, che risponde al presidente del Consiglio ha alla portata di mano la possibilità di mettere in stato d’accusa o di minacciare di mettere in stato d’accusa il presidente della Repubblica» (l’articolo 90 della Costituzione infatti non è stato toccato). Mentre nella memoria degli avvocati Tani, Bozzi e Zecca si dimostra come con l’Italicum qualsiasi governo in carica avrà interesse a tenere bassa l’affluenza al voto, perché meno saranno gli elettori, meno saranno i voti che il primo partito dovrà conquistare per garantirsi il premio di maggioranza: «C’è da scommettere che le elezioni saranno fissate in un giorno di ponte». Alle ultime amministrative è già successo.