Il problema è un altro. La politica – vecchia o nuova è sempre quella – insegna che quando non hai la soluzione devi cambiare problema. E così Matteo Renzi, tornato a parlare in pubblico dopo quaranta giorni nei quali ha perso per strada anche la legge elettorale, ha quasi perso un pezzo di partito che, con D’Alema, parla ormai di scissione, e rischia di perdere all’orizzonte anche le elezioni anticipate, la prima cosa che dice dal palco dell’assemblea del Pd a Rimini è che non farà «polemiche interne». Si dedica piuttosto al Movimento 5 Stelle, «un salto nel buio che non ci porterà fuori dalla crisi». Soluzione facile, perché di «altre assemblee» (D’Alema) non parla. E non parla neanche di elezioni né di legge elettorale. Questo Matteo Renzi che ha infilato il pullover (nero) sulla camicia bianca e al posto di Patty Smith (People have the power) fa suonare Mika (Relax, take it easy) ha un altro genere di avversario: i tweet, i post (anche se ha appena aperto un altro blog) che «non spiegano, non servono, serve una grande operazione culturale», adesso detesta persino i big data «in cui ognuno di noi diventa un codice».
Questo Renzi preferisce incontrare le persone facendo la spesa, al limite un «buon» libro di Chesterton (perfetto per conservatori in pensione) e vuole che il Pd (dove nel frattempo i suoi e la minoranza si azzuffano, specialmente su twitter) diventi «una comunità». Siccome gli slogan non sono caduti in disgrazia, anzi il vero difetto dei mille giorni a palazzo Chigi sarebbe stato un difetto di comunicazione, Renzi propone il suo «patto di comunità» come alternativa al «patto di stabilità», cioè all’Europa. Sarà interessante sentire l’opinione della Troika.
Adesso il Pd, spiega il suo segretario, può «ripartire» se «non si rassegna ai tempi cupi» ed è capace di proporre una visione positiva, «soluzioni» contro quelli che «fanno solo l’elenco dei problemi». Adesso non bisogna voltarsi indietro a guardare tutte le cose belle fatte durante il suo governo. L’elenco però lo fa, il solito: «80 euro, legge sul dopo di noi, unioni civili, terzo settore…».
Parlare di elezioni o di legge elettorale, dice Renzi che aveva concluso il suo ultimo discorso al grido Mattarellum ed elezioni subito, «è solo uno specchietto per le allodole». Anche perché le elezioni «che siano tra un anno o tre mesi prima cambia poco». E a sentirglielo dire sembrerebbe aver rinunciato del tutto alla prospettiva del voto entro l’estate; probabile che ne veda tutte le difficoltà.
Di certo deve dire addio alla – sembrava imprescindibile – vittoria «la sera delle elezioni». Perché la Corte costituzionale ha cancellato il ballottaggio – «ma non l’Italicum – riesce un certo punto a dire – che è costituzionale». Quindi si voterà con una legge che può restare proporzionale se nessuna lista (o listone, ma in parlamento si potrebbe tornare alle coalizioni) dovesse raggiungere la soglia del premio. E dunque ecco il primo assaggio di campagna elettorale: «Per evitare il caos dobbiamo arrivare al 40%». In fondo è il vecchio appello al voto utile: «Con buona pace di qualche amico o compagno (ancora D’Alema, ndr) la competizione sarà a tre, i 5 Stelle, il centrodestra e la nostra area». Per arrivare al 40% «noi sappiamo come si fa. Ce l’abbiamo fatta alle Europee, e ce l’abbiamo fatta anche al referendum costituzionale. Una grande vittoria e una grande sconfitta». «Possiamo riuscirci ancora», dice il segretario, che in definitiva sta citando ancora un tweet, quello del fido Lotti all’indomani della sconfitta di dicembre. Con questa legge Renzi non può più escludere neanche le intese – «inciuci» – con Berlusconi. «Quelli che erano spaventati per la deriva autoritaria adesso non possono temere anche le larghe intese».
E basta così. Per il governo Gentiloni solo tre parole – «sta lavorando bene». Per il futuro una speranza: «Quando perdi sei più simpatico». A volte è vero.