Sulle partite Iva Renzi ha cambiato slogan: da cambiaverso a rewind. Ieri, di buon mattino, a poche ore dall’approvazione definitiva della legge di stabilità alla Camera, il presidente del Consiglio è stato costretto a riconoscere che la riforma dei minimi approvata dal suo governo discrimina i freelance e autonomi monocomittenti dai commercianti e dagli artigiani. Tra una settimana i primi si vedranno aumentare i contributi alla gestione separata Inps dal 27,72% al 29,72% (ma potrebbe essere anche il 30,72%) e gli under 35 interessati ad aprire una partita Iva a regime agevolato tasse triplicate per redditi da fame. Per la Confederazione Italiana Libere Professioni del Lazio questa “riforma” produrrà 300 mila nuovi disoccupati.

In un’intervista radiofonica all’emittente 102.5 Renzi è riuscito anche ad ammettere che buona parte degli 800 milioni di euro destinati dalla sua manovra ad abbassare la pressione fiscale agli autonomi, andranno in gran parte (520 milioni) ai settori tradizionali del lavoro autonomo che vanta una solida rappresentanza corporativa. Una contraddizione insostenibile anche per chi elogia l’innovazione e il libero spirito contro le corporazioni, al punto da spingerlo a dire questo: «Per le giovani partite Iva è sacrosanto un intervento correttivo e mi assumo la responsabilità di fare un provvedimento ad hoc nei prossimi mesi».

L’eventualità per cui il nuovo regime fiscale per gli autonomi inciderà mortalmente su redditi da 18 mila euro lordi annui in media, al netto poco più di 500 euro netti al mese era stata esclusa ieri mattina in una lettera sul Corriere della Sera da Yoram Gutgeld, consigliere economico di Renzi. Con la sua dichiarazione mattutina il capo lo ha smentito. Mai lettera fu più intempestiva, anche perché non sembra trovare riscontri nel testo della stabilità.

Dentro la Leopolda il quinto stato ha creato una contraddizione. Ciò che è sembrato plateale sin da ottobre, cioè il “tradimento” dei giovani “innovatori” coetanei del presidente del Consiglio, oggi costituisce il senso comune di tutta la stampa. E il rewind di Renzi dimostra che la contraddizione gli fa male perché recide i legami con i soggetti scelti a modello della propria iniziativa politica. Recuperare è difficile, mentre la diffidenza – per non dire l’ostilità – continuerà ad essere pesante. Il governo ha dimostrato di non conoscere la composizione sociale del lavoro indipendente e, anzi, lo attacca con le armi del fisco, e della previdenza, peggiorando drasticamente una situazione già priva di diritti. Renzi cerca una soluzione in zona cesarini. Dopo avere rotto con i sindacati e precarizzato il lavoro dipendente e i contratti a termine, forse è troppo andare allo scontro anche con gli autonomi.

Ma la sua retromarcia complica il problema. La soluzione dev’essere trovata subito – come fa notare un comunicato diffuso ieri dall’associazione dei freelance Acta – perché il nuovo regime dei minimi, insieme al balzo delle aliquote Inps, scatteranno alla mezzanotte del primo gennaio. E non aspetteranno il provvedimento promesso «nei prossimi mesi». Il conto alla rovescia dell’oppressione fiscale e dell’iniquità previdenziale è scattato con l’approvazione della legge di stabilità. La retromarcia di Renzi ha lasciato nella palude il governo che in queste ore dovrà trovare una soluzione al pasticcio.

Cesare Damiano, presidente Pd della Commissione lavoro della Camera suggerisce una soluzione: Renzi salti sulla diligenza del “mille-proroghe”, la pezza a colori con la quale ogni governo rimedia ai disastri compiuti nelle finanziarie da trent’anni e più a oggi. Dal sacco il governo potrebbe estrarre qualche decina di milioni di euro per bloccare l’aumento dell’Inps ed estendere lo sconto fiscale anche ai freelance. Un’ipotesi che lascerebbe intatta la riforma, e che ha scatenato tra gli autonomi il desiderio di fuga da questo nuovo regime fiscale.

Il corporativismo di Renzi ha bruciato le speranze di Emiliana Alessandrucci, presidente del Colap, una delle reti associative del lavoro autonomo più grandi in Italia. Come molti anche lei si era affidata ad un governo che ha fatto del nuovo e dell’innovazione una bandiera. «La dichiarazione di Renzi arriva in ritardo – sostiene Alessandrucci – quando avevamo occasioni pratiche per supportarlo». Oltre all’appello «non siamo il bancomat dello Stato» di Acta, Alta partecipazione e Confprofessioni, Renzi non ha ascoltato gli ammonimenti del sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (Scelta Civica): «Con il regime dei minimi abbiamo fatto molto per alcuni piccoli autonomi,ma ne abbiamo completamente abbandonati altri, come freelance e lavoratori della conoscenza in generale».