In un paese dove la povertà assoluta è triplicata dall’inizio della crisi e colpisce 4,5 milioni di persone, il governo si accinge ad approvare nel consiglio dei ministri di giovedì un «piano contro la povertà» da 600 milioni di euro nel 2016, 220 per l’Asdi: il sussidio per chi non ha trovato lavoro dopo avere percepito la Naspi. Il finanziamento salirà a un miliardo nel 2017. Questi soldi saranno usati per il Sostegno per l’inclusione attiva (Sia), un provvedimento mediocre e senza ambizioni erogato mediante «social card» alle famiglie con un Isee sotto i 3 mila euro e con figli minori. Meno di 200 euro di media a testa non per tutti i poveri italiani, ma solo per quelli che vivono in 12 città sopra i 250 mila abitanti. A questa proposta iniqua e decorativa si aggiungerà la restrizione dei parametri di accesso al sussidio. Un’idea che si caratterizza per la sua crudeltà.

Poveri, questi sconosciuti per Renzi

Previsto un protocollo con le fondazioni bancarie da 150 milioni in tre anni destinati a progetti contro la dispersione scolastica. Un piano per il diritto allo studio ispirato alla privatizzazione del terzo settore invece di un intervento pubblico e universale. Si continuano a segmentare le politiche di sostegno ai poveri e ai disoccupati e a negare l’unica misura possibile contro la povertà e il disagio occupazionale: il reddito minimo. Libera, gruppo Abele, Sbilanciamoci, Arci e Rete della Conoscenza ieri hanno lanciato la campagna «(im)Patto Sociale» in cui chiedono al governo di fare come per le spese «per la sicurezza»: derogare al patto di stabilità per le spese relative ai servizi sociali. Ma il governo si è giocato tutti i bonus per il 2016: i 500 euro ai diciottenni (ma solo italiani) e gli 80 euro alle forze dell’ordine. Mance elettorali lontane da un’idea complessiva delle tutele.

Giovedì sarà il giorno dello Statuto dei lavoratori autonomi. Il consiglio dei ministri lo consegnerà alle camere insieme a un capitolo sullo smart working, il lavoro subordinato svolto da casa e senza postazione fissa per l’azienda. Il legame tra i due provvedimenti è sottile: è la risposta riduttiva del governo all’emergenza povertà che coinvolge tutte le forme del lavoro e del non-lavoro. Nel caso degli autonomi, è rientrata la cancellazione delle norme per la tutela delle malattie gravi. I movimenti dei freelance si sono fatti sentire e il governo, che ha annunciato la nomina del «sottosegretario alle partite Iva» Tommaso Nannicini, ha provveduto a ripristinarle. Ci saranno le norme sulle maternità, i congedi parentali, i fondi Ue ai professionisti, la formazione deducibile al 100%. Mancherà l’equo compenso, la garanzia minima per sostenere il crollo verticale dei redditi di un’attività che per 5,4 milioni di persone è un lavoro. Allo stato attuale non risulta essere presente una riforma delle aliquote previdenziali per gli iscritti alla gestione separata Inps, promessa in autunno. È lo stile Renzi: proclami epici per provvedimenti a saldo.