Ci sta provando in tutti i modi Renzi per fare salire l’asticella del Sì nel Sud del Paese. In meno di sette mesi è sceso in Sicilia quattro volte. E il suo entourage ha in agenda l’ultima missione proprio a ridosso del 4 dicembre a Catania e a Palermo. Sa bene, sondaggi alla mano, che la partita del referendum gioca soprattutto nel mezzogiorno, dove il No continua a essere in vantaggio, anche per il malcontento generale sulle condizioni economico-sociali. Così l’indicazione ai suoi è quella di passare in rassegna in lungo e in largo l’isola, con un potenziale di 4 milioni e mezzo di elettori.

Due giorni di tour de force per il premier col suo alfiere, il sottosegretario Davide Faraone, che ha pianificato gli incontri con diverse categorie sociali: dagli accademici ai medici, dagli imprenditori agricoli ai lavoratori metalmeccanici, edili e dei servizi. Ieri il palcoscenico si è alzato a Catania, Ragusa e Siracusa. Oggi tocca a Caltanissetta, Agrigento, Palermo e Marsala. Nel suo giro, il premier ha programmato di toccare le corde più sensibili dei siciliani: l’Europa e i migranti, il precariato nella scuola e nella sanità, l’impatto devastante della crisi economica, i fondi per lo sviluppo del Sud, le vertenze sindacali, le infrastrutture. Facendo leva sulle risorse che il governo è pronto a liberare per tentare di invertire la rotta in un’isola dove la disoccupazione è al 21,9%, quella giovanile al 60%. E dove alla fuga della Fiat da Termini Imerese con le conseguenti incertezze sul futuro della Blutec – subentrata senza ancora produrre – e alla desertificazione delle aree industriali con decine di capannoni diventati scheletri si aggiungono tante vertenze aperte, da quella di Almaviva al Petrolchimico di Gela, dove l’accordo con l’Eni per la riconversione della Raffineria a green economy non decolla.

«C’è un Nord che ha recuperato ed è tornato ai tempi di pre-crisi, ma un Sud che ha pagato il prezzo prendendo la crisi in faccia ed è il nostro problema, ma è anche la nostra più grande opportunità» ha sostenuto Renzi inaugurando la Torre biologica Ferdinando Latteri dell’università di Catania. Davanti alla platea di accademici e imprenditori il premier ha motivato l’ipotetico veto sul bilancio Ue come risposta a Bruxelles che voleva «lasciare i siciliani a farsi carico dell’immigrazione e poi riempiono di soldi i Paesi che alzano i muri».

Spostando il tiro sulla crisi che non molla il Mezzogiorno, il premier ha sbandierato «altri 44 milioni licenziati per il progetto periferie» in aggiunta «agli oltre 1.556 milioni già stanziati». «Quindi – ha assicurato – l’alibi di chi dice che non ci sono i soldi non ha più cittadinanza in Italia: le comunità locali le risorse adesso ce le hanno». E sul fronte del precariato «se non accettiamo cosa è stato il passato non andremo avanti, ci siamo trovati con un carico di precari in eredità da una classe politica che non aveva strategia ma solo un ’ci metto una pezza e poi vedremo…’; questo atteggiamento non lo vogliamo più». E ancora: «Nella scuola ci sono 200mila precari e non puoi azzerare tutto e fare un concorso nuovo: con quelle persone hai assunto un’obbligazione». Spazio anche alle forze dell’ordine, con la promessa di «aprire una stagione nuova: il turn over di carabinieri e polizia che fanno ordine pubblico in strada non può avere la stesso dato percentuale per quello dei burocrati che stanno a Palazzo Chigi».

Un richiamo al governo è arrivato dalla Fondazione degli ordini dei medici. «La condizione della sanità non è più tollerabile» ha evidenziato Toti Amato in rappresentanza dei presidenti di tutti gli ordini siciliani, incontrando Renzi a Catania. «Ci sono bisogni a cui si deve dare presto una risposta: stop al precariato per medici e professionisti, la loro assunzione non si può più rimandare, da anni lavorano nell’incertezza e i primi a pagarne le spese sono i malati e le loro famiglie».

Oggi Renzi incontrerà a Palermo gli imprenditori agricoli, poi le parti sociali a Cinisi. Nel mezzo una visita lampo alla Fincantieri: in concomitanza col suo arrivo, i sindacati hanno proclamato un’ora di sciopero e manifesteranno contro il governo «che in questi anni non è intervenuto contro le scelte di questa azienda di Stato».

Ma il premier fa sfoggio d’ottimismo, scomodando persino i santi: «Sant’Agata fa il tifo per noi, mi ha detto l’arcivescovo di Catania».