Come si comporta un governo con il referendum, quest’anno che ce ne saranno due? «Spero che il referendum fallisca», ha detto per l’ultima e la più chiara delle volte Matteo Renzi ieri. Parlava del referendum di domenica 17 aprile, quello sulle trivellazioni in mare. Poteva farlo, e rifarlo? No, secondo la legge che nel 1970 ha introdotto i referendum – previsti dalla Costituzione 22 anni prima ma rimasti sulla Carta. Non poteva perché nell’ordinamento italiano c’è una sanzione penale per «chiunque investito di un pubblico potere o funzione» induce all’astensione. La sanzione in origine era il carcere (fino a tre anni), adesso la competenza per questo reato è del giudice di pace e la pena massima sono 45 giorni di detenzione domiciliare, ma si può essere condannati a pagare una multa o a svolgere lavori di pubblica utilità. In teoria è quello che potrebbe rischiare Renzi.

Non si discute la costituzionalità dell’astensione, e nemmeno quella più problematica dell’invito all’astensione. Si discute la liceità degli appelli a restare a casa quando provengono da un pubblico ufficiale. In passato, quando questi appelli provenivano da «ministri del culto» – per esempio il cardinale Ruini nel 2005 – o da ministri del governo – leghisti nel 2009 – causavano problemi anche a un po’ di costituzionalisti e politici che oggi sono con Renzi. La legge (l’articolo 51 della legge sul referendum che rimanda all’articolo 98 del testo unico delle leggi elettorali), per quanto desueta, è ancora in vigore. Adesso sono i 5 stelle a pretenderne l’applicazione. Ieri hanno accusato il presidente del Consiglio di commettere reato, qualche giorno fa un senatore avvocato grillino (Bucarella) per molto meno (un’intervista sull’Unità) ha denunciato la sottosegretaria (probabile nuova ministra) Bellanova al tribunale di Roma: aveva definito l’astensione al referendum «la cosa più saggia da fare». Renzi è andato oltre. I radicali italiani si sono rivolti al Tar del Lazio.
L’iniziativa sarà raccontata nei dettagli questa mattina. La denuncia parte dalla violazione delle norme penali che vietano la propaganda per l’astensione. Alle quali però si aggiungerebbero, da parte del governo italiano, una serie di «violazioni all’obbligo di neutralità e agli standard internazionali». Secondo il segretario dei radicali Riccardo Magi, Renzi ha oggettivamente attuato una strategia per far fallire il referendum, «le dichiarazioni non fanno che provare il dolo». La denuncia mette in fila i fatti, dalla scelta di non accorpare il referendum con le amministrative alla fissazione della più vicina data utile, la prima domenica dopo il 15 aprile, in modo da limitare al massimo la campagna elettorale. Il Tar ha fissato l’udienza a ridosso del referendum, mercoledì 13 aprile. Deciderà in composizione collegiale. La richiesta è che venga annullato il decreto del presidente della Repubblica che ha indetto il referendum. Se accolta le conseguenze sarebbero clamorose, il referendum potrebbe essere rinviato.

Come si comporta un governo con il referendum, quest’anno che ce ne saranno due? Il secondo è quello di ottobre sulla riforma costituzionale. La maggioranza non è riuscita a raggiungere i due terzi dei voti nella seconda lettura al senato, dunque la legge costituzionale non è immediatamente in vigore: 500mila elettori, 5 consigli regionali o un quinto dei senatori o deputati possono chiedere che sia sottoposta a referendum confermativo. Chi si oppone alla riforma, comitato del no e parlamentari di minoranza, ha già annunciato che raccoglierà le firme. Anche con i banchetti, dove sabato prossimo in tutta italia partirà la mobilitazione per «una primavera per la democrazia». Ma il governo vuole anticiparli. Se n’è avuta la certezza ieri, quando la riforma ha cominciato il suo ultimo passaggio alla camera. In commissione affari costituzionali il grillino Toninelli ha chiesto ufficialmente ai deputati del Pd di non firmare per il referendum: «Se lo chiede la maggioranza è una sgrammaticatura costituzionale e diventa un plebiscito». I deputati Pd hanno confermato invece che lo faranno. Il plebiscito lo cerca Renzi.