È l’ultimo passaggio di una legge tra le più problematiche in materia di giustizia. La riforma della responsabilità civile dei magistrati ha impegnato gli ultimi quattro governi, ha determinato clamorosi rovesci per maggioranze diverse e si è conclusa con una brusca giravolta del Movimento 5 Stelle, che a novembre aveva votato a favore grazie all’esclusione della responsabilità diretta delle toghe e oggi alla camera voterà contro perché la legge «andava migliorata». E così un testo che era stato appoggiato dai grillini con grande scorno di Forza Italia, allora ancora stretta nel patto del Nazareno, in tre mesi è diventato «un segnale inquietante che chiude il cerchio delle intimidazioni alla magistratura».

La nuova legge cancella la vecchia «Vassalli» del 1988 rivelatasi poco efficace e risponde alla pronuncia della Corte di Giustizia europea secondo la quale nel nostro paese mancavano le sanzioni per un’applicazione errata del diritto europeo da parte dei giudici.
Nel nuovo regime una novità e una conferma. Salta il filtro delle corti di appello che serviva a bloccare le cause strumentali, quelle in cui l’unico obiettivo dell’imputato che denuncia è intimidire il giudice. Resta la responsabilità diretta dello stato: per gli errori dei magistrati il risarcimento è ancora a carico delle finanze pubbliche. Ma il presidente del Consiglio «ha l’obbligo» entro due anni dalla condanna di rivalersi sul magistrato colpevole, per una somma non superiore alla metà del suo stipendio netto annuale.
La nuova legge (primo firmatario il socialista Buemi) stabilisce la casistica delle responsabilità. Il giudice sarà chiamato a risarcire attraverso la rivalsa dello stato in caso abbia sbagliato intenzionalmente – il dolo – o nel caso di «violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove». Secondo l’Associazione nazionale magistrati «travisamento» è formula troppo generica che rischia di far ricadere nell’area della responsabilità civile anche l’attività tipica di interpretazione del diritto – che può essere corretta solo da un successivo grado di giudizio. Il testo però non è stato modificato alla camera, evitando così un ulteriore passaggio al senato, «ma nei lavori parlamentari abbiamo lasciato traccia dell’interpretazione, il travisamento dovrà essere macroscopico ed evidente», ha detto la presidente della commissione giustizia Ferranti (Pd).

Previsti anche altre due casi di responsabilità civile, «l’affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento» e «l’emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge», ma in questi due casi pagherà lo stato senza possibilità di rivalsa sul giudice. I giudici popolari (la giuria di cittadini nelle corti d’assise) rispondono «solo in caso di dolo».
L’Anm ha criticato soprattutto l’eliminazione del filtro, temendo rischi per l’indipendenza dei giudici, ma si è spaccata sulla richiesta della corrente di destra di sciopero (respinta). Proprio la possibilità del cittadino di citare immediatamente in giudizio civile lo stato e il giudice che lo ha condannato, senza passare per la valutazione preliminare della corte d’appello, è invece «il fiore all’occhiello» della riforma per il viceministro del Nuovo centrodestra Costa. Invece per la democratica Ferranti è il punto più delicato che «andrà monitorato».
Sul ruolo dei magistrati è intervenuto ieri il presidente della Repubblica Mattarella, con un breve discorso tenuto alla scuola superiore della magistratura (dov’è arrivato, con una scelta a effetto, in tranvia invece che in autoblu). Il giudice, secondo il capo dello stato, deve essere «né protagonista assoluto nel processo né burocratico amministratore di giustizia».