Giunto a Milano poco prima del lancio mondiale di Uncharted 4, Ricky Cambier, game designer di Naughty Dog, ha risposto ad alcune nostre domande sull’attesa avventura conclusiva di Nathan Drake. Ecco come ci ha risposto.

Come siete venuti a conoscenza della storia di Henry Avery, il pirata alle cui gesta è ispirata la trama di Uncharted 4 A Thief’s End?

Abbiamo iniziato a studiare alcuni tra i misteri più suggestivi della storia, e molti di questi erano legati alle vicende della pirateria del diciassettesimo secolo. Così ci siamo rivolti a numerosi tomi dedicati a questo argomento immergendoci nelle cronache di un periodo tanta affascinante quanto a tratti ancora oscuro. Tra tutti i personaggi storicamente esistiti di cui sono ricche le storiografie, Henry Avery è stato quello la cui storia ci ha più colpito. Egli è stato l’unico tra i pirati a tentare di organizzarli e di unirli in una corporazione, riuscì ad fondere sotto la sue egida le flotte di altri sei capitani per lavorare insieme ad obiettivi comuni, e tutti sanno che in realtà questa categoria è sempre stata contraddistinta dall’autonomia e dall’isolamento seguendo la volontà di un solo comandante. Insieme la società di Avery riuscì ha mettere a punto il più grande colpo della storia piratesca, così egli divenne l’uomo più ricercato del mondo. Ma Avery riuscì a sparire con il suo tesoro smisurato e questo significa che è ancora nel mondo, da qualche parte. Ne fummo davvero suggestionati.

Cosa ha significato tornare a lavorare sulla saga di Uncharted dopo il successo mondiale di critica e di pubblico del post-apocalittico The Last of Us?

E’ stato eccitante e stimolante, perché abbiamo potuto raffinare il modo in cui vogliamo raccontare delle storie. E ci ha dato l’opportunità di dare una fine alle imprese di un personaggio carismatico come Nathan. Nello stesso tempo tuttavia è stata una sfida ostica, poiché per la prima volta abbiamo lavorato per Playstation 4 e a causa delle aspettative del pubblico, dopo l’entusiasmo dimostrato dai traguardi narrativi e grafici raggiunti con The Last of Us.

Il tono più oscuro e tragico di The Last of Us, il suo intimismo, le sue speculazioni psicologiche e sociologiche, hanno influenzato anche la stesura della sceneggiatura di Uncharted 4?

Sapevamo che se questa doveva essere l’ultima avventura di Nathan Drake avremmo dovuto scavare molto più a fondo nella psiche e nella personalità del personaggio. Con The Last of Us abbiamo capito che al pubblico piacciono storie più profonde e personaggi caratterizzati in maniera non superficiale. Nathan è sempre stato un personaggio gioviale e scherzoso ma il fatto che si sia ritirato dalle avventure per dedicarsi alla famiglia, essendosi sposato con Elena Fisher, ci ha suggerito di concentrarci sulle problematiche di un eroe che deve accettare la vita quotidiana e adattarvisi. Quindi Nathan è sempre l’eroe che abbiamo imparato a conoscere ma questa volta si comprenderanno a fondo le sue motivazioni, aspetti mai prima perlustrati della sua personalità, il suo passato e il perché delle sue scelte.

C’è sempre stato l’insorgere di elementi sovrannaturali nella trilogia di Uncharted, è così anche in questo episodio?

Il pubblico in linea massima avrà quello che si può aspettare da un’avventura della serie. Ma questa volta abbiamo deciso di restare più ancorati alla realtà, alla storia e a quello che questi elementi significano per Nathan Drake.

Perché avete deciso che questa sarebbe stata l’ultima avventura di Nathan Drake, siete stati coraggiosi considerando il successo della serie.

Noi vogliamo crescere ed evolverci come studio e sperimentare cose nuove e diverse. Abbiamo amato molto Nathan Drake, un personaggio che significa davvero tanto per noi e abbiamo deciso che sarebbe stato giusto raccontare ancora quest’ultima storia nel migliore dei modi possibili senza la volontà di continuarla ancora con altri episodi.