Un bancomat respinto. Inizia proprio davanti a un simbolo della «società del benessere», l’odissea negli inferi di Anna, protagonista del film-tv Una casa nel cuore, tratta dal romanzo di Paola Musa dal più efficace titolo Condominio occidentale e che Raiuno manderà in onda lunedì 6 aprile in prima serata. E così la giovane signora dal marito iperprotettivo «mi occupo di tutto io», figlia undicenne e casa accogliente scopre la mattina dopo che il paradiso in terra era un castello di carta, scopre quanto è duro il mondo reale. Il consorte truffaldino non c’è più, fuggito dagli strozzini, e la casa tanto «accogliente» era da tempo sotto sfratto esecutivo.

Anna senza un euro, si trova a peregrinare con l’affranta bimbetta per una Roma di periferia – tante riprese nei dintorni dell’Acquedotto romano, fino ad arrivare a un barcone sul Tevere dove si sono rifugiati con il sostegno di una Onlus a cui la indirizza un solerte impiegato (Simone Montedoro), altri senza tetto come lei capeggiati da Augusto (Giorgio Colangeli) detto l’Imperatore.

È la nuova tendenza di Raifiction, mescolare (cautamente, molto cautamente) istanze sociali (lo ha già fatto in una precedente fiction interpretata da Beppe Fiorello sui padri separati) – il dramma delle donne sole, degli sfrattati (in una scena anche l’assessorato alla casa capitolino sempre più spesso teatro dei movimenti della casa), con storie strappalacrime e edificanti (alla senzatetto ex tossica incinta viene consigliato di non abortire perché «un bimbo ti renderà più forte»…) dall’inevitabile happy end.

Il regista Andrea Porporati – che ha un po’ addolcito alcune situazioni dure presenti nel romanzo, soprattutto il rapporto madre/figlia, sottolinea come il film racconti: «Un volto della capitale diverso, quello ai margini, dove il fascino dei luoghi si mischia alla disperazione e alla speranza di chi li vive».

Cristiana Capotondi – ormai icona di molte fiction Rai – dice di essere rimasta conquistata: «Dal romanzo, perché è un racconto della crisi dal punto di vista femminile». Nel cast giganteggiano le figure di Colangeli «l’imperatore» del barcone e di Ninetto Davoli, nei panni di un uomo misterioso che ha deciso di non parlare: «Mi sono identificato con questa storia, sono nato in borgata. Il mio personaggio non parla? È giusto così, oggi tutti parlano invece bisogna…agire!».