La Bce ha aperto il Libro delle Lamentazioni nel presentare il suo Rapporto mensile. Rivolgendosi in particolare alle economie «più rigide» (cioè quelle del sud Europa, Francia compresa, oltre all’Italia), Francoforte batte sempre sullo stesso chiodo: sono state fatte solo promesse di riforme strutturali, ma pochi fatti sono seguiti. Per la Bce l’economia europea resta malata e ci sono rischi di ulteriore deterioramento.

La Banca centrale europea ha una prospettiva di medio termine, ma i mercati ieri hanno addizionato l’allarme di Francoforte con i dati sul calo della produzione industriale in Italia (meno 1,8% a maggio) e in Francia (meno 1,7% a giugno) e la crisi bancaria che si è aggravata in Portogallo (con il crollo di Espirito Santo International): così le Borse di tutta Europa sono crollate. Peggio Milano, che ha toccato nella giornata un meno 2,5% per chiudere a meno 1,6%, ma anche Francoforte (meno 1,3%) e Parigi (meno 1,2%) hanno registrato perdite.

La Bce, comunque, non sembra preoccupata dalla deflazione (a giugno, su base annua, era allo 0,5%), prevede che i tassi di interesse resteranno bassi e sottolinea il ricorso al Tltro, cioè dare soldi alle banche vincolati alla concessione di prestiti all’economia. La Bce assicura inoltre che potrà essere fatto ricorso a «misure non convenzionali» se necessario.

Mentre a Francoforte veniva pubblicato il Rapporto annuale, a Parigi il ministro dell’Economia, Arnaud Montebourg, ha presentato un programma economico e promesso una legge per l’autunno. Il metodo Renzi fa scuola: il ministro ha affermato di voler «restituire 6 miliardi ai francesi». Ma le 30 misure per «rilanciare la Francia» sono un catalogo alla Jacques Prévert: si va dalla deregulation programmata delle professioni regolamentate (dai notai ai taxisti, cosa che nessuno è mai riuscito a fare finora), fino a voli pindarici dal sapore rooseveltiano, come la costruzione di dighe.

Poi c’è la solita lista: fibra ottica, digitale, turismo ecc. Niente di veramente preciso – e la cosa è particolarmente preoccupante – sul risparmio energetico.

Montebourg ha però condito il suo discorso con attacchi mirati contro la Bce, che «deve andare più lontano nelle politiche non convenzionali» – e contro i «contabili moralisti» dell’Unione europea.

Al di là delle parole colorate del ministro, la realtà è che Hollande passo dopo passo applica in Francia una stretta di rigore, che rischia di aggravare la situazione economica in tutta Europa. L’austerità francese ha preso il nome di Patto di responsabilità: 50 miliardi di euro di economie entro il 2017, che bilanciano i 40 miliardi di sgravi di contributi concessi alle imprese.

Per Montebourg si applica la «regola dei tre terzi»: diminuzione dei deficit, diminuzione delle tasse sulle famiglie e diminuzione dei contributi delle imprese. Ma il patetico appello al padronato – «fate scendere la disoccupazione, fate scendere il Fronte nazionale» – la dice lunga sul grado di improvvisazione del progetto della presidenza Hollande.

Qualche giorno fa era già apparso patetico il ministro delle finanze, Michel Sapin, con l’affermazione applaudita dal padronato – «la finanza è il nostro amico, la buona finanza» – che ribaltava uno degli slogan di campagna di Hollande («la finanza è il nostro nemico»).

C’è una fronda all’interno del Ps, che cerca di opporsi a questa deriva. Ma ha le armi spuntate, perché non può far cadere il governo Valls e provocare elezioni anticipate che si concluderebbero con un crollo dei socialisti. La società è in ebollizione, con proteste qua e là, di cui non si vede però per il momento un’unificazione in un movimento strutturato al di là dei singoli corporativismi.

Hollande, che ha deluso (per alcuni tradito) l’elettorato di sinistra che lo ha portato all’Eliseo, sogna di passare alla storia come lo Schroeder francese, il cancelliere Spd che all’inizio del secolo ha liberalizzato a fondo l’economia tedesca.