In seguito all’accoglienza più che fredda dell’ipotesi di “quote” di rifugiati da spartirsi tra paesi europei per far fronte all’emergenza degli sbarchi, la Commissione europea adesso parla di “malinteso” e cerca di presentare un progetto che non venga bocciato al prossimo Consiglio dei ministri degli Interni, il 15 giugno, in vista del vertice dei capi di stato e di governo del 25-26 giugno, che dovrà esaminare la proposta. In realtà, Jean-Claude Juncker non ha mai parlato di “quote”, ma solo di ricollocamento dei richiedenti asilo, in una fase di emergenza di flussi, come stabilito dall’articolo 78, comma 3 del Trattato di Lisbona, che prevede una “misura provvisoria” e niente di più. “Non proponiamo un sistema di quote per tutti i migranti – spiega la portavoce per le questioni migratorie, Natasha Bertaud – ma un meccanismo di ripartizione di emergenza e temporaneo per le persone che hanno manifestatamente bisogno di protezione internazionale”. La misura potrebbe venire limitata a eritrei e siriani, a cui la maggioranza dei paesi della Ue riconosce il diritto d’asilo. Già nella prima stesura della proposta di Bruxelles, era questione di 20mila rifugiati da ricollocare su due anni, cioè la metà di quanto richiesto all’Europa dall’Alto Commissariato ai Rifugiati dell’Onu (a titolo di esempio, i 28 paesi Ue hanno concesso l’asilo a 112.170 siriani, su 2,9 milioni che sono fuggiti dalla guerra, un milioni dei quali accolti nel piccolo Libano). Questa cifra potrebbe crescere a 24mila, ma resterebbe comunque molto al di sotto della richiesta Onu. In ogni caso, mai la Commissione ha allargato la solidarietà ai “migranti” in senso più generale. L’Italia aveva chiesto “solidarietà” agli altri stati membri, ma la limitazione a eritrei e siriani ridurrà l’incidenza dell’operazione, visto che gli eritrei rappresentano il 24% delle persone sbarcate negli ultimi mesi e i siriani il 7%. Inoltre, per venire incontro alle molte riserve degli stati membri, la misura di ricollocamento potrebbe venire riservata agli arrivi dei prossimi mesi, cioè a partire da luglio, sempre che l’iniziativa della Commissione passi il vaglio degli stati membri. In più, non ci sarà nessuna modifica del regolamento di Dublino, come aveva sperato Matteo Renzi. Questo significa che il paese di primo arrivo dovrà continuare ad istruire la documentazione per stabilire se le persone hanno diritto all’asilo. All’Italia, accusata sotto voce di essere un po’ troppo sbrigativa, potrebbe venir richiesto di presentare un rapporto a Bruxelles ogni tre mesi sull’andamento di queste pratiche.

La Commissione aveva previsto di calcolare il numero dei ricollocamenti sulla base del pil, del numero di abitanti, del tasso di disoccupazione e del numero di accoglienze già effettuate. Ma c’è stata una levata di scudi, in particolare della Francia, seguita dalla Spagna, che non ha gradito il fatto che avrebbe dovuto aumentare il numero di rifugiati accolti. Già Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca sono escluse dal calcolo grazie a un opt out in questa materia. L’Europa centrale e orientale, Ungheria in testa, è ostile. La Germania ha fatto sapere di non essere d’accordo sulle “quote”, anche se è il paese che, con la Svezia, si è mostrato finora più aperto. Nel 2014, i due terzi circa della protezione (rifugiati, protezione sussidiaria, autorizzazione di soggiorno per ragioni umanitarie) sono stati concessi da 4 paesi nella Ue, Germania (47.600 permessi, in rialzo dell’82% rispetto al 2013), Svezia (33mila, +25%) Francia e Italia, con un po’ più di 20mila a testa. In Gran Bretagna, David Cameron, che fa pressioni su Bruxelles per ottenere concessioni con la minaccia di prendere posizione per il “no” all’Europa nel referendum promesso entro il 2017, vuole limitare la libera circolazione persino dei cittadini Ue. In Francia, François Hollande e Manuel Valls hanno rifiutato chiaramente le “quote”, dopo aver lasciato credere di essere favorevoli. Ieri, nell’ambito della riforma dell’asilo politico, il Senato ha reso ancora più difficili le condizioni, imponendo il rinvio sistematico di chi non ha ottenuto il permesso di soggiorno. Il progetto della Commissione sarà “molto probabilmente massacrato, come lo è stato il piano di azione presentato nel dicembre 2013 dopo il naufragio al largo di Lampedusa” prevede un esperto.