Dilek ha trent’anni e un bellissimo sorriso. È stata appena rieletta deputata Hdp, partito filo-kurdo che domenica ha superato la soglia altissima del 10% prevista per entrare in parlamento. Un traguardo che potremmo definire miracoloso considerando il clima pesantissimo e la comprovata quantità di brogli che sembrano aver determinato la schiacciante vittoria dell’Akp.

Il cognome di Dilek suona quasi come un affronto per Erdogan: Ocalan. Una somiglianza quasi impressionante con lo zio «Apo», guida politica e spirituale dei kurdi, detenuto nell’isola-prigione di Imrali.

Una Ocalan nel parlamento turco: una beffa o meglio un affronto per chi ha provato a silenziare la rivendicazione di autonomia del popolo kurdo. Come vive questa importante responsabilità?
Il cognome e soprattutto la provenienza familiare hanno per me un immenso peso, come immagino lo avrà per i nostri nemici. Tuttavia credo debba essere chiaro che i risultati del voto non sono altro che il frutto di tutti i sacrifici e di tutto il lavoro di rivendicazione di diritti e di democrazia che è stato portato avanti non solo da noi ma anche da chi ci ha preceduto. Questo per noi è motivo di felicità e di orgoglio. Io comunque a causa della guerra civile e della destabilizzazione sono stata in parlamento soltanto tre o forse cinque volte in questi mesi. Dopo le elezioni del sette giugno c’è stata soltanto una cerimonia di insediamento e pochissime altre occasioni di incontro. Erdogan, fino a ieri, non ha riconosciuto quel parlamento di cui lui non era il sovrano assoluto. In ogni caso, seppure le sedute fossero state di più, né io né Hdp riteniamo che questo ruolo (quello di deputati e deputate) debba motivare una distanza dal popolo che ci ha dato fiducia.

Lo diciamo senza retorica. Noi siamo semplicemente alcuni compagni di partito che in questo momento rivestono il ruolo di deputati mentre gli altri continuano a stare tra il popolo, nelle sedi e nelle strade. Per altro il nostro è un ruolo strategicamente fondamentale in questa fase. Dopo le elezioni di giugno ogni tipo di garanzia e di diritto sono stati violati brutalmente. Basta guardare a ciò che è successo a coloro che scendevano in strada per proteggere le proprie terre. O cosa è successo a chi ha violato il coprifuoco: feriti o uccisi a sangue freddo dall’esercito di stato. Gli stessi parlamentari sono stati più volte attaccati. Anche la mia macchina è stata colpita dal «fuoco nemico», ma questo non ha spaventato né me né gli altri.

A proposito delle stragi, con Ankara e Suruç, sono venuti in mente i nostri anni Sessanta, quando in Italia innocenti persero la vita in attentati in cui erano implicati poteri eversivi dello Stato e destra fascista. All’epoca si parlò di «strategia della tensione». Crede che questa definizione sia corretta?
Sì, possiamo utilizzare la definizione di «strategia della tensione» per descrivere quello che sta accadendo in Turchia. Noi siamo perfettamente a conoscenza di ciò che accadde in Italia in quegli anni, così come in tutti quei paesi in cui i poteri forti hanno utilizzato il terrore per confermare il proprio governo autoritario. Conosciamo bene ciò che è accaduto in passato, le pagine di oppressione brutale più vergognose della storia. Forti di questa conoscenza, in maniera intelligente, stiamo cercando di cambiare il destino del popolo turco e kurdo.

Quanto e come è stata importante la figura di Ocalan nella sua formazione politica? Che debito ha nei suoi confronti?
Un debito enorme. Sfortunatamente la sua lunghissima carcerazione mi ha impedito di crescere con lui, tuttavia questa figura così importante mi ha insegnato molto sul mondo. Mi riferisco ad esempio al concetto di uguaglianza nel rispetto delle differenze culturali, di personalità, d’identità. Essere cresciuti con lui e con le sue idee è stato ed è tuttora un onore. Non ci siamo mai relazionati come nipote e zio, perché la sua filosofia sulle donne è stata da subito applicata in famiglia e anche nei miei confronti. Sono stata cresciuta come una compagna che vive e agisce nella comunità e come tale deve essere trattata. Questi sono i miei principi e i miei valori.

Che notizie ha a proposito delle condizioni dell’attuale regime di detenzione e che speranze ci sono per la ripresa del processo di pace?
Per sei mesi e mezzo non abbiamo avuto praticamente nessuna sua notizia. In precedenza, per un anno e mezzo mio zio non ha avuto l’autorizzazione a vedere nessuno dei suoi parenti. Pensiamo che questo sia il trattamento di un prigioniero politico che non gode di nessuna garanzia e noi non possiamo accettare che le altre nazioni abbiano e stiano ancora avallando questa assurdità. Come sapete mio zio voleva che le cose andassero in una direzione diversa. Per questo prima di ogni altra cosa noi continueremo a lavorare per far sì che il processo di pace venga riaperto.

Confederalismo democratico e rivoluzione femminile, sono i due assi teorici elaborati dal pensiero di Ocalan, su cui si sta costruendo l’esperienza di autogoverno di Rojava. Cosa rappresenta questo modello di organizzazione di governo, vita e relazioni sociali?
Rojava è un posto in cui ognuno può rappresentare ed esprimere se stesso liberamente. L’idea sulla quale è nato questo sistema è di provare a strutturare dei poteri locali che rappresentino la popolazione, un sistema di municipalità che si riunisce in un centro decisionale più grande. È una pratica esportabile e che anche Hdp ha messo in pratica.

Per quanto riguarda la questione femminile invece, innanzitutto metà della popolazione del pianeta è composta da donne per cui quando si parla di rappresentanza popolare deve essere necessariamente presente la componente femminile. Senza donne la rappresentanza non è possibile.

Quello che mostra la rivoluzione di Rojava al mondo femminile, ma anche a quello maschile, è come la vittoria possa essere ottenuta solo con il supporto e il protagonismo femminile. Sono convinta che ispirandoci a quel modello confederale, femminista ed ecologista, avremo tutta la forza e gli strumenti per continuare a difendere la democrazia, la giustizia e la libertà dalle aggressioni di questo nuovo governo.

*Delegazione Osservatori Urfa