Diciassettemila isole dell’immaginazione: sotto questo titolo, l’Indonesia è l’ospite d’onore della più importante kermesse del libro a livello mondiale, che si terrà a Francoforte dal 14 al 18 ottobre (inaugurazione il 13 con la lectio di Salman Rushdie). Un’occasione rara per un paese come l’Indonesia che, pur essendo il quinto per popolazione al mondo, quello con il più alto di musulmani e una enorme diversità linguistica e culturale, stenta a farsi conoscere, soprattutto nel campo della letteratura.
In Italia, i libri di letteratura indonesiana si contano sulla punta delle dita. Oltre ai lavori seminali di Alessandro Bausani, il primo grande specialista del mondo malese-indonesiano che, già negli anni 60, aveva pubblicato un’antologia di poesie e leggende di questa grandissima area culturale (abbraccia quelli che sono gli stati attuali di Malesia, Indonesia e Singapore), due studiosi italiani come Luigi Santa Maria e Giulio Soravia hanno tradotto l’opera di autori della letteratura moderna come Mochtar Lubis (La strada senza fine) e Sitor Situmorang e altri poeti indonesiani nella rivista In forma di parole. È recentissima la pubblicazione di opere indonesiane contemporanee, come Il drago Cala Ibi di Nukila Amal, Le donne di Saman di Ayu Utami e L’uomo tigre dello scrittore emergente Eka Kurniawan (tutti per Metropoli d’Asia): considerato il successore di Pramoedya, usa uno stile in cui fonde realismo magico e linguaggio da blogger. Ci sono poi i libri editi dalla casa editrice Atmosphere, come La danza della terra di Oka Rusmini e Ritorno a casa di Leila Chudori, nella collana Asiasphere (tradotti dalla scrivente e dai suoi studenti dell’Università l’Orientale di Napoli).

Scrittura non solo locale
La lista di romanzi indonesiani in italiano è tutta qui. Brevissima se comparata a letterature di altre tradizioni linguistiche e culturali. A questi vanno aggiunti gli importantissimi romanzi di Pramoedya Ananta Toer, il più grande scrittore indonesiano, unico a ricevere la nomina del premio Nobel per la letteratura. Due delle sue opere della trilogia di Buru sono uscite per Il Saggiatore diversi anni fa, ma dalla versione inglese. Questa fulminea carrellata di nomi e di romanzi dà il senso di una limitazione profonda da colmare, e non solo in Italia. Intellettuali, scrittori e governo indonesiano guardano alla Buchmesse tedesca come un momento clou per far sì che il mondo prenda coscienza della sua letteratura. Un compito non facile, che deve fare i conti anche con la barriera linguistica: la scarsità – fino a tempi recenti – di opere indonesiane tradotte in inglese e altre lingue straniere ha fatto sì che la sua letteratura venisse relegata a mera attività svolta dagli scrittori per un pubblico squisitamente locale. Inoltre, la ricchezza linguistica e culturale dell’Indonesia e una tradizionale tendenza all’oralità hanno di fatto impedito che si formasse un’idea unitaria e lineare di letteratura. In un evento di portata mondiale come la Buchmesse di Francoforte, per la prima volta quel paese del sud-est asiatico ha la possibilità di svelarsi attraverso la voce dei propri autori.

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Pramoedya Ananta Toer

Un ruolo fondamentale in questo disvelamento è stato svolto dalla Fondazione Lontar, istituita nel 1987 da John Mc Glynn a Jakarta e da altri intellettuali indonesiani, con lo scopo di far conoscere la letteratura indonesiana in inglese.

L’insieme di opere letterarie scritte in lingua indonesiana ha una vita abbastanza recente. Prima del 1928, il concetto stesso di lingua nazionale non esisteva, essendo l’Indonesia un arcipelago dominato dalla colonizzazione olandese. In quell’anno, venne proclamato il cosiddetto «giuramento della gioventù indonesiana», dove si asseriva l’esistenza di uno stato con un popolo e una lingua, Bahasa Indonesia. È in questo periodo che cominciano ad affiorare i primi scrittori veramente «nazionali». Fino a quel momento, la letteratura locale era definita come «malese» e raccoglieva autori di varia provenienza, anche in differenti lingue regionali – giavanese, balinese o sundanese. La lingua indonesiana, dunque, è nata dall’accordo di giovani intellettuali convinti che la loro regione, pur sotto l’egida della colonizzazione olandese, dovesse avere un elemento unificatore. Data la distanza da Sumatra a Papua, l’orografia del territorio dove le acque coprono una distanza maggiore delle terre emerse, in cui usi e costumi, religioni e culture sono articolati e variegati, questo elemento non poteva che essere la lingua.

Le fasi «creative»
Le prime opere letterarie, pur se influenzate da una sorta di censura esercitata dal governo coloniale olandese che attraverso una casa editrice (Balai Pustaka) cercava di limitare una parte di letteratura considerata immorale, cominciarono a emergere nei primi anni Venti del secolo scorso sotto forma di romanzi di ampio respiro, come Siti Nurbaya dove uno degli elementi fondamentali era l’opposizione tra Oriente e Occidente, tra leggi consuetudinarie e nuovi modi di vedere il mondo. Ma la letteratura indonesiana venne allo scoperto attraverso il Pujangga Baru, una rivista fondata nel 1933 da Alisjabana e i fratelli Pane. Qui si gettarono le basi per la formazione di una coscienza nazionale e il desiderio per poeti e scrittori di avviare un processo in cui la letteratura potesse avere un ruolo preponderante per la formazione di una classe intellettuale solida, guardando a occidente, attraverso scrittori e poeti come il già citato Alisjabhana, Hamka, Amir Hamzah, Sanusi e Armjin Pane.

Nella periodizzazione della letteratura indonesiana, il terzo momento storico è quello della cosiddetta generazione del ’45, cioè degli autori che si affermarono una volta superata la tragedia della guerra, quando il Giappone, dovendo ritirarsi dopo la sconfitta, lasciò agli indonesiani la possibilità di appropriarsi dell’indipendenza dai colonizzatori tanto agognata. In questo frangente, conquistarono la scena poeti come Chairil Anwar, morto giovanissimo ma simbolo di una nuova forma di poesia, in cui l’individualismo e il realismo cedono il passo a valori più astratti di idealismo e romanticismo. La poesia di Anwar è ancora oggi modello per tanti intellettuali che vedono la letteratura come forma di espressione di libertà e sentimenti individuali, una sorta di concetto primordiale di «arte per l’arte». Questo concetto venne minato nel periodo successivo all’indipendenza dell’Indonesia sancita nel 1945, quando con il presidente Sukarno a capo di uno dei più potenti partiti comunisti al mondo, fu istituita una Associazione culturale popolare – la Lekra – il cui obiettivo era quello di produrre opere artistiche ispirate al realismo socialista. Il personaggio più rappresentativo della Lekra, Pramoedya Ananta Toer sarà anche il principale oppositore di un movimento di giovani scrittori e intellettuali che, preoccupati dalla tendenza dell’arte di essere funzionale a un certo orientamento politico, decisero di firmare un Manifesto culturale, il Manikebu, in cui si promulgavano ideali di libertà di espressione. Il conflitto tra scrittori della Lekra e firmatari del Manikebu contribuirà alla separazione della comunità artistico, culturale e intellettuale in due blocchi contrapposti le cui posizioni hanno generato frizioni fino a tempi recentissimi. Gli eventi storici seguiti al fallito colpo di stato del 1965, che portò all’ascesa del generale Soeharto, determinarono anche un cambiamento radicale nel panorama intellettuale. La Lekra, identificata come un organo del partito comunista, fu smantellata e i suoi membri, insieme a centinaia di migliaia di altri indonesiani accusati di comunismo, trucidati o inviati al confino in luoghi remoti come l’isola di Buru nelle Molucche e Papua. Proprio da qui Pramoedya Ananta Toer elaborerà la trilogia di Buru, tra cui Questa terra dell’uomo e Figlio di tutti i popoli, gli unici romanzi della letteratura indonesiana conosciuti in tutto il mondo, banditi in patria fino alla caduta di Soeharto.

Il periodo letterario che ha accompagnato la dittatura è stato contrassegnato da una censura agguerrita nei confronti di qualsiasi opera di chiara ispirazione di realismo sociale. Eppure, altre forme di scrittura non gradite dal governo di Soeharto circolavano ugualmente: gli autori avevano imparato una forma di autocensura sottile che impediva loro di diventare il bersaglio delle restrizioni. Appartengono a questo periodo scrittori di primo piano: basti citare Goenawan Mohamad, uno dei firmatari del Manifesto culturale, divenuto direttore della rivista più importante di Indonesia, Tempo, vittima di continue minacce di chiusura (dal ’94 al ’98 dovette cessare le pubblicazioni) da parte di Soeharto per articoli investigativi che accusavano il governo di corruzione e nepotismo.

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Goenawan Mohamad

Goenawan Mohamad, autore, poeta e saggista, ha continuato la sua carriera letteraria rivestendo un ruolo di difensore della libertà di espressione. Dopo la caduta di Soeharto, avvenuta nel 1998, ha abbandonato il giornalismo per dedicarsi al centro Komunitas Salihara, uno dei punti di riferimento dela cultura indonesiana, che promuove anche un festival biennale di letteratura. È stato lui ad avere un ruolo fondamentale nell’organizzazione del focus indonesiano alla Frankfurt Book Fair e del ruolo della letteratura di farsi promotrice di un incontro fra popoli.

Incroci di generazioni
La sua nomina da parte del ministero della pubblica istruzione non è stata immune da critiche, ma è certo che la presenza di scrittori, poeti e saggisti di varie estrazioni è massiccia. Autori appartenenti alla vecchia generazione come NH Dini sono gli alfieri di un tipo di prosa dove il confronto tra oriente e occidente è evidente, mentre poeti della vecchia generazione come Sapardi Djoko Damono, Afrizal Malna e Dorothea Rosa Herliani verranno a dare voce a una forma di poesia da un lato intimista e, dall’altro espressionista, affiancando i più giovani come Nirwan Dewanto, intimista e ricercato e Joko Pinurbo che, con ironia, riflette su temi come la fede, usando una sorta di logica al contrario.

Il grosso degli autori di prosa è costituito da coloro che hanno fatto sentire forte la loro voce negli anni immediatamente prima e subito dopo la caduta di Soeharto, dando origine a quella che è stata definita «letteratura della riforma» caratterizzata da temi come erotismo, sessualità, politica sociale, vita metropolitana, politica sociale, filosofia, femminismo, religione e uso di nuovi media. Prima tra tutti è la scrittrice Ayu Utami, ora fautrice dello «spiritualismo critico». Con il suo romanzo Saman (in italiano Le donne di Saman), ha rotto gli argini del perbenismo e della tradizione, offrendo una prosa lontana dai canoni tradizionali di unità di tempo luogo e azione. Il romanzo, uscito immediatamente prima della caduta di Soeharto, ha aperto la strada a un filone tutto femminile, originariamente definito in maniera quasi derogatoria «letteratura profumata», termine poi abbandonato dalle scrittrici stesse.

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Ayu Utami

Saman è un romanzo innovativo sulla scena letteraria indonesiana: esplora temi considerati tabù, come quello della sessualità e della sua funzione liberatoria per le donne. Ayu Utami sarà a Francoforte insieme a Oka Rusmini, scrittrice balinese, autrice de La danza della terra (in italiano per Atmosphere). Nel suo libro, si parla di donne in un contesto tradizionale della società indo-balinese dove il sistema delle caste patriarcale viene descritto come spietato e causa di frustrazioni e infelicità. La protagonista, infatti, nonostante di casta alta brahmana mostrerà come, sposando un uomo qualunque, un sudra si emanciperà e affermerà la sua libertà di amare, al di là delle restrizioni sociali e religiose imposte dalla propria cultura. Alla stessa corrente appartengono Nukila Amal (anche lei ospite della Buchmesse) che nel suo romanzo Il drago Cala Ibi utilizza una lingua molto ricercata e sperimentale, intrecciando in maniera magistrale fantasia e realtà, e Dewi Lestari, che ha gettato le basi per una letteratura popolare e immaginifica.

Best-seller all’islamica
L’Indonesia non verrà rappresentata solo da autori della corrente anticonformista ma anche da coloro che numerosi hanno fatto breccia su ampie fette di popolazione, elaborando temi come quello della religione islamica e del ritorno alle proprie radici, quasi a bilanciare la spropositata diffusione di romanzi a sfondo sessuale e di protesta. Protagoniste di queste due correnti – sempre presenti a Francoforte – sono Asma Nadia e Helvi Tiana Rosa, fondatrici di un’organizzazione capillare, Forum Lingkar Pena che invoglia le donne soprattutto in zone periferiche islamiche a esprimere le proprie aspirazioni di musulmane. Asma Nadia è un’autrice molto produttiva di letteratura islamica i cui romanzi best-seller hanno ispirato una serie di film di successo. Habiburrahman El-Shirazy è invece autore di un altro romanzo islamico, Versetti d’amore: ha ispirato un film di cassetta ancora oggi in voga ed è importante soprattuto per il filone «ritorno alla tradizione» dove la fonte di ispirazione è la vita dei villaggi, come quella della sumatrana Belitung di Andrea Hirata e di Giava per Ahmad Tohari. Il romanzo di Hirata – in italiano La scuola ai confini del mondo – insieme al già citato La danza della terra, introduce un filone che continua ad attirare attenzione internazionale per l’esotismo che lo contraddistingue e, a livello nazionale, per il tentativo di controbilanciare la spasmodica corsa verso i valori occidentali.

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Oka Rusmini

Un altro tema di rilievo della letteratura indonesiana degli ultimi tre anni è l’impegno mostrato nel dare voce ai dimenticati della storia, a tutti quelli che all’indomani del fallito colpo di stato del 1965 hanno dovuto subire arresti, torture, confino, distacco dai propri amati, allontanamento dalla propria patria per il loro coinvolgimento e a volte solo per le loro simpatie comuniste.

Tali temi – trattati in maniera solo allegorica da vari autori in passato – vede nei romanzi di Laksmi Pamuntjak e Leila Chudori, rispettivamente Amba e Ritorno a casa, il desiderio di affrontare quella storia manipolata dal regime. Con questi due libri di narrativa, gli indonesiani stanno lentamente risvegliando le loro coscienze, a cinquant’anni da uno dei più grandi genocidi mai avvenuti. In particolare il romanzo Ritorno a casa, di recentissima pubblicazione in Italia (Atmosphere libri), evoca uno spaccato degli ultimi cinquant’anni in Indonesia, una storia ignota ai più, dove amori, tradimento, risate, odori, sapori, nostalgia si intrecciano in maniera magistrale per consegnare un’immagine reale del paese, un paese che vuole a tutti i costi parlare di una generazione di indonesiani che, pur avendo una voce nella formazione della nuova Indonesia, si sono sentiti defraudati del diritto di appartenere a una patria.

 

SCHEDA

Antonia Soriente è Professore associato di Lingua e letteratura indonesiana all’Università degli studi di Napoli ‘l’Orientale’. È una linguista esperta di problematiche relative a lingue minoritarie e in via di estinzione del Borneo e ha pubblicato articoli scientifici relativi a bilinguismo, documentazione linguistica, e descrizione delle lingue Kenyah e Punan del Borneo. Dopo un’esperienza ventennale di studio e ricerca in Indonesia, ora si dedica all’attività didattica relativa alla lingua e letteratura indonesiana, traduce con i suoi studenti  opere indonesiane in italiano e continua le sue ricerche sulle lingue e tradizioni orali del Borneo.