«Mancava finora in Italia un libro come questo. Penso che, al di là della pura commemorazione, abbia un valore suo specifico: a descrivere quell’orrore, la parola risulta carente. Le immagini qui riprodotte non sono un equivalente o un surrogato: esse sostituiscono la parola con vantaggio, dicono quello che la parola non sa dire. Alcune hanno la forza immediata dell’arte, ma tutte hanno la forza cruda dell’occhio che ha visto e che trasmette la sua indignazione». Sono le parole scritte da Primo Levi nel 1981 nella prefazione al volume K.Z. Disegni degli internati nei campi di concentramento nazifascisti di Arturo Benvenuti, poeta, pittore, classe 1923. È un volume duro, un catalogo, un archivio della memoria di parte del materiale grafico-pittorico realizzato, clandestinamente e a rischio della vita, nei campi di concentramento. Un testo necessario, ripubblicato da BeccoGiallo a settant’anni dalla liberazione di Auschwitz, in occasione del Giorno della Memoria.

Dalle pagine emerge la necessità di chi viveva quell’orrore di documentare e tratteggiare in punta di matita la disumana violenza quotidiana vista e subita. «Non è un’opera basata sull’estetica – spiega Benvenuti – Alcuni erano semi-analfabeti ma hanno lasciato documenti importanti». Un progetto iniziato più di trent’anni fa quando nel 1979 Benvenuti partì insieme alla moglie per un pellegrinaggio laico nei luoghi di quel male assoluto. Un’urgenza covata da anni, il senso di colpa e il bisogno di colmare quella che l’autore aveva vissuto come una mancanza di coraggio nel prendere una posizione netta, per non aver fatto nulla per impedire o limitare quell’orrore, un debito lacerante che esigeva una presa di coscienza e un impegno concreto nel fare un accurato lavoro di ricerca fra Auschwitz, Terezìn, Dachau, Ravensbruck.

Il libro, con oltre duecentocinquanta schizzi e disegni, venne prodotto e stampato nel 1983 dalla Cassa di Risparmio della Marca Trevigiana e distribuito in millecinquecento copie in un’edizione fuori commercio, per volontà di Benvenuti che, fin dall’inizio, ha voluto evitare di farne un prodotto commerciale. L’intenzione è stata quella di restituire un senso di coralità nel raccontare quella tragica pagina di storia del Novecento, andando oltre le barriere geografiche, di età e condizioni sociali di appartenenza delle vittime. Raccogliere materiale fuori dagli estetismi, al di là di etnie, nazionalità, identità sessuali, per rimarcare la necessità al rispetto, alla dignità, e alla memoria di tutti gli internati.

Una «tragedia planetaria – afferma Benvenuti – che era necessario vedere in chiave globale… Il mio è stato un caso di coscienza da sopravvissuto senza mai essere stato nei campi. Ho vissuto la guerra, sono riuscito a sfuggire ai rastrellamenti, ai bombardamenti. Sapevo dei campi di sterminio, ho visto i treni sigillati. Dopo la guerra mi sono imbattuto in immagini spesso romanzate. Ho voluto incontrare la gente, studiare e raccogliere materiale. Ho scritto a Levi per spiegargli il progetto: dapprima era titubante, poi l’onestà del mio lavoro lo ha convinto tanto da scriverne la prefazione».
K.Z., che sta per Konzentration Zenter, o meglio Ka-tzetnik inteso come prigioniero del campo di concentramento, ha avuto una genesi molto lunga. Ora il volume torna dopo trentadue anni con una veste grafica leggermente diversa, ma con gli stessi contenuti originali dell’83, con l’aggiunta di cinque poesie di Benvenuti.

Quando nel 2012 BeccoGiallo ha visto esposte le immagini contenute nel libro ha deciso per la ristampa. Fra i tanti tratti che ci restituisce il volume, ci sono anche quelli del pittore e incisore Anton Zoran Music. Linee essenziali e scarne che ritraggono corpi nudi, freddi, scheletrici, sofferenti, ammucchiati, sopraffatti e umiliati. Music, deportato nel ’44 a Dachau, ritrasse molto durante la prigionia.

Alcune riproduzioni dei disegni contenuti nel volume saranno in mostra alla Libreria Fandango di Roma fino al 27 febbraio e a Padova, presso il Centro Culturale San Gaetano, fino al 22 febbraio.