Quale riflesso ebbe la Rivoluzione d’Ottobre sullo sport e in particolare sul calcio? Inviso ai dirigenti del Pcus, il football fu amato dagli intellettuali sovietici, che ne fecero tema della loro produzione artistica, particolarmente negli anni ‘30 del Novecento e le cui tracce sono presenti ancora oggi nel calcio russo. Ne parliamo con Mario Curletto, docente di lingua e letteratura russa all’università di Genova e autore di Spartak Mosca. Storia di calcio e potere nell’Urss di Stalin e di I piedi dei soviet. Il futbòl dalla Rivoluzione d’Ottobre alla morte di Stalin (il melangolo).

Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, lo sport fu considerato patrimonio rivoluzionario?

Negli Anni Venti, lo sport inteso come competizione e spettacolo fu oggetto di incessanti attacchi da parte di coloro che lo consideravano un tipico prodotto della società borghese, foriero di fenomeni deteriori come professionismo, divismo, guadagni e violenza sia in campo sia sugli spalti. L’attività ginnico-sportiva, invece, intesa come strumento atto a favorire uno sviluppo armonico delle doti psicofisiche della nuova umanità sovietica, per avere lavoratori più efficienti e all’occorrenza combattenti più coraggiosi, era incoraggiata dai dirigenti dello Stato. Per i cittadini l’elemento ludico e quello competitivo continuarono a essere inscindibili dal concetto di sport, in quella fase storica crebbe e si estese a vasti strati della società, dalla classe operaia alle gerarchie militari agli intellettuali, la passione per il calcio.

Chi furono gli intellettuali appassionati di calcio?

Di calcio trattarono poeti del calibro di Osip Mandel’stam, Nikolaj Gumilëv, Nikolaj Zabolockij. La descrizione del primo tempo di una partita tra la rappresentativa della città di Mosca e una selezione tedesca è uno dei momenti culminanti del romanzo breve L’invidia, tra i più alti esempi della prosa in lingua russa del Novecento. L’autore, Jurij Olesa, al pari di altri due esponenti dell’intelligencija artistica, l’attore del Teatro d’arte di Mosca Michail Jansin e il giornalista e scrittore Lev Kassil’, fu cooptato dai fratelli Starostin, fondatori, calciatori e poi dirigenti dello Spartak Mosca, nel «consiglio degli allenatori» della squadra, organismo in cui la presenza degli intellettuali non era una pura questione di immagine.

Come nasce l’entusiasmo per il calcio?

L’inaugurazione a Mosca del monumentale stadio Dinamo, nel 1928, si può considerare la consacrazione del calcio non solo come sport nazionale, ma anche come imponente fenomeno di costume, le tribune erano sempre gremite, anche la partita meno importante richiamava 45-50 mila spettatori e le cinecronache dell’epoca mostrano anche uomini in giacca e cravatta e signore in abito elegante e cappellino. Il’ja Il’f ed Evegenij Petrov, acuti osservatori della società sovietica dell’epoca e scrittori di straordinario talento umoristico, nei loro corsivi scritti a quattro mani raccontano di un centro di Mosca, in occasione delle partite, solcato da fiumane di persone in stato di euforica eccitazione. È possibile che il calcio calamitasse tanto interesse anche per la componente di imprevedibilità che lo differenziava dalle imponenti manifestazioni di massa, parate militari, ginniche, celebrazioni, predefinite in ogni dettaglio. L’interesse reale e diffuso del pubblico sovietico contribuì a fare del calcio un soggetto largamente trattato dalle arti figurative, dal balletto, dalla canzone, dal cinema e dalla letteratura.

Alcune opere?

Il calciatore e Il portiere, furono dipinti nel 1932 e 1934 da Aleksandr Dejneka il più convinto e assiduo cantore dello sport tra i pittori sovietici. Nel 1929 la Direzione dei Teatri di Leningrado indisse un concorso per la realizzazione di sceneggiature per balletto di soggetto contemporaneo. La giuria assegnò il primo e il secondo premio rispettivamente a Dinamiade e Il calciatore, accomunati dal ruolo cruciale del tema calcistico. Al giovane Dmitrij Sostakovic fu proposto di musicare Dinamiade, il compositore leningradese, la cui profonda passione per il calcio si associava a un sapere quasi enciclopedico in materia, accettò l’incarico, apportando modifiche significative al testo. Il risultato fu uno spettacolo molto vario e piuttosto mosso, intitolato L’età dell’oro, il cui principale nucleo musicale e drammatico era costituito dalla scena di una partita dove i calciatori sovietici rappresentavano una giovane umanità moralmente sana, nello stadio di una grande città di un paese dell’Occidente capitalista, razzista e decadente. La prima di L’età dell’oro ebbe luogo il 26 ottobre 1930 al Teatro dell’Opera e del Balletto di Leningrado, con grande successo di pubblico, rappresentazioni vi furono in altre città sovietiche, quali Kiev e Odessa. Dopo ripetute stroncature della critica, i cui pareri, in epoca staliniana, rappresentavano i punti di vista «ufficiali», L’età dell’oro scomparve dalle scene. Quanto a Il calciatore, fu rappresentato per la prima volta nel 1929 dal Teatro dell’Opera e del Balletto di Char’kov, seconda città dell’Ucraina, con musiche di Viktor Oranskij per la regia di Nikolaj Foregger, una delle personalità più originali del teatro sovietico degli Anni Venti e Trenta. A breve distanza dalla prima Il calciatore fu allestito al Teatro Bol’soj di Mosca, lo spettacolo, per il quale Igor’ Moiseev firmò la sua prima coreografia originale, andò in scena il 30 marzo 1930, ed ebbe una vasta risonanza, che tuttavia non evitò la sua rimozione dal repertorio del Bol’soj dopo trentacinque rappresentazioni, numero esiguo per gli standard del teatro sovietico.

Ci furono censure?

La sorte di Il calciatore, così come quella di L’età dell’oro, fu segnata dall’implacabile lotta contro ogni forma di sperimentalismo nell’arte condotta dal potere sovietico a partire dagli Anni Trenta. Il Partito-Stato, attraverso le proprie corporazioni artistiche, impose a scrittori, pittori, musicisti e registi di confezionare prodotti non solo dal contenuto ottimistico e celebrativo della società ideale in via di costruzione, ma dalle forme immediatamente comprensibili e apprezzabili anche dalle persone culturalmente meno preparate. La svolta non comportò la scomparsa del calcio dall’orizzonte artistico dell’Urss, al contrario la popolarità irripetibile raggiunta negli Anni Trenta, ne fece uno dei temi privilegiati delle produzione destinata a un pubblico vastissimo, utilizzata come strumento di «educazione» della coscienza collettiva.

Film sul calcio?

Nel gennaio del 1937 uscì il film Il portiere, tratto dal romanzo Il portiere della repubblica di Lev Kassil’ appena pubblicato a puntate su una rivista La formula, che combinava i tradizionali ingredienti della commedia dell’epoca staliniana, trama elementare, bei paesaggi costantemente baciati dal sole, così come i volti abbronzati e i corpi armonici e muscolosi di una magnifica gioventù sovietica, con la forza attrattiva di uno sport in quegli anni assurto a fenomeno di costume, si rivelò vincente: diretto da Semën Timosenko, regista del dramma rivoluzionario e della commedia, Il portiere, fu accolto entusiasticamente dal pubblico sovietico. Nella partita con cui si conclude il film, gli avversari della squadra sovietica sono i brutali Bufali Neri, che per l’aspetto e l’inequivocabile saluto nazista rivolto al pubblico, riportano alla mente la gioventù hitleriana esaltata dalle immagini fotografiche e cinematografiche delle Olimpiadi di Berlino del 1936. Il verso centrale della Marcia dello sport, firmata dal compositore Isaak Dunaevskij e dal paroliere Vasilij Lebedev-Kumac, due colonne della musica leggera dell’epoca staliniana, oggi ancora molto noto in Russia e pezzo forte della colonna sonora del film, suona esplicito: «Ehi, portiere, preparati alla battaglia!/ Sei di guardia alla porta!/Immagina che dietro di te/Corra la linea del confine!». Nel 1938 Matvej Blanter compose la Marcia del calcio, le cui note festose da allora hanno accompagnato l’ingresso e l’uscita dal campo delle squadre in occasione di ogni partita del campionato sovietico e ancor oggi nella Prem’er-liga russa.