Le fiamme colpiscono ancora la “giungla” di Calais. Nella notte di giovedì verso le due del mattino un incendio è divampato nel quartiere etiope del campo ferendo gravemente un giovane di diciotto anni che dormiva nella sua abitazione di fortuna. Tra i migranti si diffonde il panico, i soccorsi tardano ad arrivare sul posto, i ragazzi tentano di domare le fiamme come possono: il giovane è ora ricoverato all’ospedale di Lille in gravissime condizioni di vita. Il 70% del suo corpo è ricoperto da ustioni.

Da quando le operazioni di smantellamento sono cominciate il 29 febbraio, gli incendi nel campo sono all’ordine del giorno. Le cause sono spesso difficili da determinare; il vento che soffia incessantemente nel canale della Manica non aiuta a scongiurare il peggio. Già nel mese di marzo il Centro Giuridico del campo, gestito da volontari – risparmiato dalla demolizione in quanto struttura di utilità sociale – era andato distrutto in seguito ad un gravissimo incendio. Nella parte sud del campo resta ormai solo la Scuola, sorvegliata dai CRS – la polizia francese.

Di fronte alle desolanti prospettive offerte dalla vita nella “giungla”, i tentativi di varcare la frontiera franco-britannica si fanno sempre più frequenti. Un passaggio può costare tra gli 800 e i 10.000 euro a seconda della nazionalità. Ma Schengen resta un muro invalicabile tanto che Downing Street annuncia la costruzione di 300 metri di recinzione supplementare per scongiurare il passaggio di ulteriori migranti. Lungo l’autostrada che collega Calais al porto verrà innalzata una recinzione lunga 300 metri e alta quattro per impedire ai migranti della vicina baraccopoli – la cosiddetta “giungla” – di raggiungere i camion diretti in Gran Bretagna per chiedere passaggi o intrufolarsi al loro interno.

Il rallentamento del traffico costa troppo e questa misura, che va a prolungare la rete già esistente, «è assolutamente vitale per l’economia», come ha spiegato il sotto prefetto della città Vincent Berton secondo fonti di stampa francesi. Mantenere fluido il traffico «è un imperativo», ha aggiunto, e questa «misura di sicurezza passiva» serve «a evitare l’invasione dei migranti che cercano di salire sui camion». A finanziare l’opera è il governo stesso di Londra, con 8 milioni di euro: i lavori inizieranno a maggio e termineranno entro l’inizio dell’estate.

Nella giungla di Calais, in attesa di ottenere un’occasione per raggiungere la Gran Bretagna attraverso la Manica, vivono tra i 3.500 e i 5mila rifugiati. L’ultimo episodio grave si è verificato a inizio aprile, quando alcuni migranti hanno lanciato sulla strada ad alta percorrenza tronchi d’alberi e sbarre metalliche nella notte, nella speranza di rallentare i veicoli che collegano il mercato francese a quello britannico.

Secondo fonti del campo, un trafficante di origine curda è stato arrestato la settimana scorsa dalla polizia francese per aver agevolato il passaggio di decine di migranti. Una landa di desolazione e cenere ha ormai sostituito il quartiere commerciale della bidonville precedentemente occupato da ristoranti, hammam e drogherie con sigarette sfuse, bibite e beni di prima necessità come spazzolini e bombole a gas, le stesse che sono spesso all’origine dei rovinosi incendi.

Quanti non riescono a permettersi di pagare i trafficanti alla frontiera – per la maggior parte afghani pashtun e sudanesi – si riversano su Parigi, nel campo di fortuna sorto sotto la metro di Stalingrad a pochi chilometri dal centro della capitale. I bambini giocano sul ciglio della strada mentre le macchine sfrecciano incuranti: gli incidenti, così come a Calais, sono frequenti.

I migranti di Calais, così come quelli di Stalingrad a Parigi attendono una soluzione durevole e congrua con il principio di non refoulement; fin tanto che l’Europa continua a innalzare muri e frontiere al loro arrivo, pare improbabile che gli incendi a Calais cessino un giorno di divampare.