«La vergogna di Roma», «Il ridicolo su Roma», «la presa in giro degli italiani» sono titoli assortiti dalla stampa tedesca, inglese e americana. Ma il commento più divertente alla decisione di palazzo Chigi di nascondere le opere d’arte dei musei capitolini che avrebbero potuto imbarazzare il presidente Hassan Rohani arriva direttamente da un cittadino iraniano, via twitter: «Con tutti quei contratti firmati, ci aspettavamo che il governo italiano qualche statua l’avrebbe anche distrutta».
Matteo Renzi non ha nessuna voglia di ridere. «Oggi parlo di banche», ha liquidato chi lo ha avvicinato al senato, al termine della discussione sulla mozione di sfiducia. Negli uffici del premier così attento alla comunicazione l’umore è nero, ci si rende conto che l’incidente è serissimo. Lo scaricabarile è cominciato subito.

Col senno del poi, e nel giorno in cui ha accompagnato il presidente iraniano a far visita al Colosseo, il ministro dei beni culturali Franceschini ha criticato la «velatura». Risvegliatosi al centro delle polemiche, l’accorto ministro ha prima condannato con durezza: «Scelta incomprensibile». Poi, non richiesto, ha accomunato la sua posizione a quella di Renzi: «Né il presidente del Consiglio né il sottoscritto eravamo informati». Ma è così? La sovrintendenza capitolina ha deciso di esporsi pubblicamente, spiegando ai giornalisti che «dovete chiedere a palazzo Chigi, la copertura delle statue non è stata decisa da noi, è stata un’organizzazione di palazzo Chigi, non nostra». E in effetti il museo è stato chiuso al pubblico prima dell’arrivo del presidente iraniano, il personale sostituito con guardie addette alla sicurezza così com’era stato studiato da tempo con il cerimoniale iraniano. Che sembra fosse preoccupato non tanto dalla possibilità che il presidente incrociasse con lo sguardo qualche nudo, ma dal fatto che essendo prevista una conferenza stampa (con Renzi, nella sala del Marco Aurelio) con tanto di fotografi, Rohani non voleva rischiare di finire in qualche scatto strumentalizzabile dai suoi avversari, in Iran.

L’attenzione ieri pomeriggio, dunque (anche per effetto delle parole di Franceschini) è tornata a concentrarsi su palazzo Chigi. Possibile che Renzi e i suoi più stretti collaboratori, notoriamente accentratori, non sapessero nulla? La più classica delle indagini interne è stata aperta. La conduce Paolo Aquilanti, il segretario generale di palazzo Chigi che ha l’incarico di «accertare le responsabilità e fornire con la massima sollecitudine tutti i chiarimenti». D’accordo con il presidente del Consiglio, naturalmente. Che però dovrà trovare qualcuno, o qualcuna, cui dare la colpa.

Nel frattempo il presidente iraniano – ancora a Roma ieri mattina, poi partito per Parigi dove, informano le cronache, non pranzerà con il presidente Hollande perché i francesi non accettano di pasteggiare senza vino come vorrebbero gli iraniani – ha dovuto rispondere a una domanda sul caso. «È una questione da giornalisti», ha detto, e ha negato che il suo staff avesse fatto pressioni in merito. Poi però ha offerto una versione dei fatti alquanto imbarazzante (per Roma): «Gli italiani sono un popolo molto ospitale che fa di tutto per mettere a proprio agio i suoi ospiti, e li ringraziamo».

La Venere esquilina, il Dioniso degli horti lamiani, un paio di gruppi monumentali: sono queste le statue che sono state coperte lungo il percorso nei Musei capitolini che Rohani e Renzi hanno attraversato per raggiungere la sala dell’Esedra dove hanno tenuto la conferenza stampa. Ma sono stati rimossi anche alcuni quadri nella pinacoteca – come il «ritratto di gentildonna» – e alcune porcellane sono state tolte dalle vetrine. Per ordine di chi? L’indagine interna di palazzo Chigi pare già indirizzata e punterebbe alla dirigente dell’ufficio del cerimoniale Ilva Sapora, a palazzo Chigi da 15 anni e promossa al tempo di Enrico Letta. Sarà lei, non lontana dalla pensione, a pagare per tutti?

Ai Musei capitolini con Rohani c’era Renzi. E c’è un precedente di poco più di tre mesi fa che può illuminare sulle responsabilità del premier. A ottobre il presidente del Consiglio accolse a Firenze lo sceicco Al Nahyan, principe ereditario degli Emirati arabi. E diede disposizioni perché fosse coperta una scultura di Jeff Koons a palazzo Vecchio. Anche quella un nudo.

 

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