Tre mesi e 37 mila firme dopo, la campagna «DeLiberiamo Roma» che raccoglie la maggioranza dei movimenti e delle associazioni della sinistra della Capitale ha raggiunto il suo primo obiettivo. Ieri ha consegnato le firme (ne bastavano 20 mila) a sostegno delle quattro proposte di delibera popolare sulla scuola pubblica; il riuso e la rigenerazione del patrimonio pubblico sfitto o abbandonato; la ripubblicizzazione di Acea Ato 2, l’azienda che gestisce il servizio idrico nella provincia di Roma; la richiesta dell’esclusione degli investimenti sui beni comuni e i servizi sociali dal patto di stabilità che strangola la Capitale.

Tutte le delibere sono state sottoscritte da più di 8 mila persone e sono il frutto di un lungo processo di partecipazione che ha coinvolto centri sociali, comitati di quartiere, spazi autogestiti, cittadini e associazioni che vogliono «costruire dal basso un nuovo modello di città» e aprire «una prospettiva politica alternativa a quella contenuta nel Salva Roma».
Tra i promotori di un’iniziativa, che non tarderà a fare scuola in molte città italiane, ci sono i movimenti che hanno subito sgomberi e repressione negli ultimi tre mesi: il casale Pachamama, l’Angelo Mai, il cine-teatro Volturno, da poco sgomberato, il teatro Valle che continua la sua lotta per la Fondazione, le occupazioni abitative anch’esse sgomberate della Hertz, di via delle Acacie e della Montagnola. Poi il Godot e il Neetblock.

I movimenti romani dimostrano così un rinovato impegno che coniuga l’uso politico del diritto e degli atti amministrativi finalizzati alla trasformazione del tessuto urbano e della geografia sociale di una città degradata ed escludente. «Questa è la risposta che testimonia la necessità e l’urgenza di immaginare modelli di gestione dei servizi essenziali e del patrimonio cittadino e meccanismi di finanza sociale virtuosa che coniughino risposte concrete alla crisi attuale e aprano spazi di partecipazione popolare nelle decisioni che riguardano la città» hanno spiegato i promotori.

Scorrere l’elenco dei promotori (sul sito www.patrimoniocomune.org) è utile per comprendere la molteplicità dei soggetti coinvolti e l’ambizione del progetto. C’è il Coordinamento romano Acqua pubblica (Crap), la rete Patrimonio Comune, il Comitato art. 33 Roma, il Forum per una nuova finanza pubblica e sociale. Tantissimi gli spazi sociali: Scup, Sans Papiers, Kollatino, La Strada, tra gli altri. I soggetti politici: da Repubblica Romana a Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani, Sel. E poi i sindacati Unicobas, Cub, Usb, Flc e Cgil.

In autunno la seconda fase del percorso: «Vogliamo ottenere che il consiglio comunale di Roma discuta e approvi le delibere. La mobilitazione continuerà per creare un’alternativa ad una città orientata al rigido rispetto dei vincoli europei e del patto di stabilità attraverso dismissioni, svendite, privatizzazioni». «Alla riapertura dei lavori del consiglio comunale, saremo ancora qui».

Le delibere «sono il risultato di un ampio processo di partecipazione – afferma il capogruppo Sel in Campidoglio, Gianluca Peciola – Sosterremo questa iniziativa che nasce dal basso. È importante valorizzare il protagonismo delle associazioni e dei movimenti soprattutto in questo momento di crisi economica e di rappresentanza della democrazia locale. Favoriremo l’iter di approvazione».