A guardare l’aula Giulio Cesare, la base del M5S romano sta tutta con Virginia Raggi. I sostenitori della sindaca presidiano la maggior parte delle poltrone nelle due navate, fiondandosi anche sulle prime file, occupate solo per la prima mezz’ora dai componenti del Comitato Roma 2024. C’è anche la mamma di Di Battista, che mantiene un profilo basso ma la voce corre e viene riconosciuta lo stesso: si avvicina una ragazza e le chiede «Può dare questa a suo figlio? Lo ammiro molto». Le consegna una lettera. Lei la mette in tasca e torna a seguire i lavori.

Il voto sulle Olimpiadi è una prova da superare per la maggioranza in mezzo alla tempesta. Il gruppo appare compatto, si scambia sguardi d’intesa con il pubblico. Ma quando il consiglio si riunisce, circola già la notizia che tra i ritirati dell’ultima tornata non c’è solo Salvatore Tutino, l’assessore al bilancio in pectore. Anche Stefano Fermante, il ragioniere generale del Campidoglio, avrebbe rimesso il suo mandato. Lo avrebbe fatto ormai due mesi fa. Ma pare che da allora non abbia mai ricevuto convocazione da Raggi. Così, all’inizio di questa settimana il funzionario avrebbe reiterato il passo indietro. La sua lettera sarebbe stata protocollata mercoledì. Per Fermante, in assenza di linee guida e indicazioni politiche «non ci sono le condizioni per lavorare». In serata circola il nome del suo omologo della città metropolitana di Roma Capitale, Marco Iacobucci.

Ma i tempi stringono, e in aula per la prima volta si pronuncia la parola che nessuno, nemmeno dalle opposizioni, vorrebbe sentire davvero: «Default». È soltanto uno spettro, ma aleggia già da qualche seduta. Una settimana fa Stefano Fassina, ieri molto applaudito dai 5S, argomentando il suo no ai giochi ha avvertito: «Lo dico alla sindaca senza polemica: istruiamo il lavoro del bilancio, perché chiunque arriverà all’assessorato avrà bisogno di tempo per leggersi le carte». È il tempo, infatti, che comincia a mancare. «Le preoccupazioni sono legittime – riconosce il presidente della commissione bilancio Marco Terranova – Ma le sedute sono già in calendario». Si temono i tempi stretti sull’assestamento, da approvare entro novembre. E per arrivare al 31 dicembre con un bilancio di previsione bisogna lavorare con largo anticipo.

La città fuori dall’aula interroga la sindaca. Lo fanno anche quelli che avevano riconosciuto il significato di rottura della sua elezione. Il sindacato di base Usb le ha spedito 10 domande su scelte urbanistiche, debito, privatizzazioni, diritti dei lavoratori comunali. E per gli attivisti di DecideRoma «se alle lobby non si contrappone un’amministrazione con una visione complessiva, disposta a riconoscere l’indipendenza della partecipazione sociale e la sua forza quale principale ostacolo ai poteri dominanti, è facile prevedere il risultato della partita sul futuro della città». Il 4 ottobre se ne parlerà in una manifestazione davanti alle finestre dell’aula consiliare.