C’è una frattura profonda tra il Pd e larga parte del popolo di centrosinistra che si è manifestata ancora una volta in un crollo nella partecipazione al voto. Ora la sfida è portare quel popolo a credere che un cambiamento è ancora possibile a Roma e in Italia». Stefano Fassina, candidato per la sinistra radicale al Campidoglio, cerca di portare a casa il «mezzo flop» delle primarie del Pd. Ma non può negare che il calo dei votanti ai gazebo dai 100mila del 2013 ai 44mila scarsi di domenica scorsa non significherà automaticamente che la «sinistra-sinistra» aumenterà i suoi voti.

I sondaggi che circolano lo danno un po’ sotto il dieci per cento. Il potenziale voto in fuga dal Pd non è stato ancora intercettato da nessuno. In tarda mattinata a Montecitorio Fassina si vede con Nicola Fratoianni e Paolo Cento, rispettivamente coordinatore di Sel e segretario di Sel Roma per far un punto sul necessario cambio di passo della campagna elettorale ora che le primarie hanno un loro vincitore, Roberto Giachetti. Che ora è un candidato ufficiale da non sottovalutare: competitivo sui grillini, che lo temono, ha già spiegato che si rivolgerà «agli elettori della sinistra» e non ai gruppi dirigenti «dai quali ho preso fin qui molti insulti». L’appello al voto utile è un’antica bestia nera della sinistra, da non prendere sottogamba.

Per di più fra Giachetti e Fassina non c’è cordialità: quando erano entrambi nel Pd, gli scontri fra i due erano all’ordine del giorno. Certo è che entro pochi giorni il Pd tenterà di mettere in piedi un’operazione «richiamo della foresta» sugli ex alleati vendoliani. Magari con una lista «arancione» a sostegno di Giachetti, sul modello milanese Balzani-Sala. Intanto Giachetti assesta il primo colpo all’indirizzo dell’elettorato ex Pci: all’alba imbocca la Cassia e va a raccogliersi sulla tomba del ’mitico’ sindaco comunista Luigi Petroselli, al cimitero storico di Viterbo. Foto su twitter: «Il primo giorno da candidato lo dedico a Petroselli, sindaco di piccole e grandi cose, degli esclusi e dei deboli». Poi corre a trovare Marco Pannella, l’anziano leader radicale in questi giorni molto spossato dalla malattia.

giachetti-petroselli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella sinistra-sinistra la formazione d’attacco ancora non è chiara. «Se non ci fosse stato Stefano Fassina che generosamente si lanciava in un’avventura che molti, anche fra noi, consideravano impossibile ora ci troveremmo inghiottiti dal mezzo flop delle primarie Pd, con tutto il rispetto per chi è andato a votare», ragiona Cento. «Per questo proponiamo al Pd di aprire una riflessione. A Roma, per vincere, serve qualcosa di straordinario: si mettano da parte queste primarie flop e riapriamo la discussione. Noi siamo disponibili».
Per il Pd la ’proposta’ è irricevibile. Ma a sinistra le acque sono molto mosse. La candidatura di Fassina non ha mai convinto chi pratica ancora la coalizione il vice di Zingaretti alla Regione Lazio Massimiliano Smeriglio. La posizione di Fassina nettamente contrarie alla gravidanza per altri, dopo il caso Vendola, ha aumentato le distanze.

Nel frattempo va avanti il tam tam sulla candidatura dell’ex ministro Massimo Bray, «una personalità di primo livello», per Smeriglio, «la sinistra non si chiuda dentro piccole logiche proprietarie». Chi lo ha sentito in queste ore lo descrive ancora titubante: disponibile a una corsa autonoma ma non a una rottura troppo netta con Giachetti; né ad apparire troppo «targato D’Alema», a cui però è molto vicino (l’ex premier domenica ha votato per Morassut e ha sottolineato la scarsa affluenza ai gazebo). Condizioni difficili da realizzarsi, forse impossibili. In più va ancora in onda la telenovela dell’ex sindaco Ignazio Marino: anche lui tentato dalla corsa,forse sempre meno. Alle primarie la sua storica collaboratrice Alessandra Cattoi, ex assessora, ha fatto endorsement per Morassut.

«Fassina è in campo e non farà alcun passo indietro», avverte Nicola Fratoianni. «Il fatto che alla sfida del Campidoglio da sinistra possano aggiungersi personalità importanti come Bray e Marino è una vittoria di Stefano e di tutti noi», addolcisce Cento. Fassina chiude la questione su La7, all’Aria che tira: «Non siamo la stampella del Pd. Siamo in campo per arrivare al ballottaggio e ci rivolgiamo a quella parte della città che non vota più oltre a quella che non ha votato ieri». Poi ripete ancora una volta, perdendo un po’ le staffe, che di accordi con il Pd non vuole sentire parlare: «Su cosa dovrei esprimermi, sul colore degli occhi di Giachetti? Da lui non abbiamo sentito una proposta sulla città. Non abbiamo sentito una parola sulla privatizzazione degli asili o su quella del patrimonio pubblico». Ma ora, fatte le primarie del Pd, la corsa per il Campidoglio parte davvero. E la sinistra radicale deve investire il suo candidato ufficiale. Per evitare l’ennesima, disperante, divisione.