I primi anni settanta in Giappone sono stati il periodo che ha sancito il definitivo superamento della televisione sul cinema come mezzo di intrattenimento di massa. Un calo si era già registrato negli anni precedenti naturalmente, ma solo all’inizio del decennio la crisi divenne così pesante da spingere la Nikkatsu, la più antica casa di produzione nipponica, a cercare di arginare questa emorragia di pubblico. Si decise quindi di svoltare verso il softcore più spinto con la realizzazione dei cosiddetti roman porno film, un genere di pellicole per un pubblico adulto che dovevano sottostare ad una serie di semplici ma ferree regole: non dovevano superare una certo budget, di solito molto limitato, le riprese non dovevano eccedere i sette giorni, la durata doveva mantenersi fra i 70 e gli 80 minuti ed inoltre, forse la cosa più importante, dovevano contenere almeno una scena di sesso ogni 10 minuti.

Queste le regole auree che i registi dovevano mantenere, per il resto era concessa totale libertà espressiva, un po’ come era successo circa un decennio prima per i pinku eiga. Spesso queste pellicole erano adattamenti da famose opere letterarie: Jun’ichiro Tanizaki e Edogawa Ranpo furono gli autori più usati, ed in alcuni casi la di questi film gli fece molto spesso scalare, a sorpresa ma non troppo, le classifiche dei lavori migliori dell’annata stilata da prestigiose riviste di settore.
Tatsumi Kumashiro è senza dubbio il più rappresentativo regista di questo filone, colui che si seppe distinguere nel gruppo e che riuscì ad elevare il genere ad arte. Vera e propria voce autoriale Kumashiro venne (ri)scoperto a livello internazionale nel 1996 quando il Rotterdam Film Festival gli dedicò, ad un anno dalla sua morte, un’importante retrospettiva. Il filone del roman porno si concluse ufficialmente nel 1988 quando i successi al botteghino cominciarono a venir meno, le abitudini degli spettatori si spostarono verso gli Av (adult video) ed il crescente mercato home-video, una sorta di chiusura verso l’interno e l’ambiente domestico che è anche un passaggio significativo ed emblematico della fine di un’epoca, i Settanta, e l’inizio di un’altra.

All’ultimo Festival di Locarno è stato presentato «Wet Woman in the Wind» di Akihito Shiota, il primo di cinque lavori del cosiddetto Roman Porno Reboot Project, un progetto targato naturalmente Nikkatsu che vuole rilanciare e celebrare i 45 anni dall’uscita del primo roman porno, «Apartment Wife: Affair In the Afternoon», uscito nel novembre dl 1971. La casa di produzione nipponica ha commissionato a cinque registi giapponesi la realizzazione di altrettanti roman porno per il ventunesimo secolo, le regole essendo sempre quelle auree menzionate sopra. A cercare di riportar lustro ad un genere che è riuscito nei decenni passati a influenzare anche il cinema mainstream dell’arcipelago, sono stati chiamati registi i cui nomi sono più e meno noti al pubblico occidentale.

A far compagnia a Shiota ci saranno Isao Yukisada, Kazuya Shiraishi e, forse i due più famosi almeno a livello internazionale, Nakata Hideo, il padre di «Ringu» («The Ring»), e soprattutto Sion Sono. Quest’ultimo sembra davvero la persona più adatta per il progetto vista la produzione degli inizi della sua carriera e considerando che molti dei suoi lavori girati nel primo decennio di questo secolo potrebbero tranquillamente far parte del genere, tanto per scene erotiche che per libertà espressiva portata ai suoi limiti. Il suo contribito al Roman Porno Reboot Project si intitolerà «Anti-Porno», un titolo che è tutto un programma e che dovrebbe essere presentato a L’Etrange Film Festival di Parigi il prossimo settembre.

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