Il libro di Emmanuel Todd Qui est Charlie? Sociologie d’une crise religieuse, uscito il mese scorso per Seuil, ha avuto il merito di riportare il dibattito francese su alcune questioni cruciali discusse nelle settimane seguite agli attentati di Parigi.
Il dopo Charlie, infatti, non si era limitato né a una sorta di autoglorificazione repubblicana, certificata dalla mobilitazione massiccia dell’11 gennaio, né a un unanime e trasversale coro anti-islamico.
Il trauma degli ammazzamenti arbitrari aveva provocato non solo emozioni, ma anche ragionamenti, critiche, analisi volte soprattutto ad uscire da una sorta di monismo causale: la religione islamica come fattore determinante di tutti i mali interni ed esterni, nazionali e geopolitici, ai quali la società e la nazione francese erano ormai confrontate. Si era tornati a parlare, ad esempio, del modello francese d’integrazione delle popolazioni immigrate, dei conflitti esistenti tra i ceti popolari francesi, della crisi delle identità legate a progetti di emancipazione sociale e politica, delle radici dell’islamofobia.

Cattolici «zombie»
Questo dibattito ampio e spregiudicato ha avuto breve durata: l’islamismo in Francia e nel mondo è tornato ad essere il tema dominante, assieme a quello della sicurezza. E il governo, nel frattempo, ha elaborato un disegno di legge per rafforzare l’attività dei servizi segreti, legittimando forme di sorveglianza informatica generalizzata. In questo contesto, il carattere apertamente polemico del libro di Todd, se non altro, ha turbato la coscienza tranquilla dell’opinione pubblica francese. Qui est Charlie è un libro anomalo, a metà tra il pamphlet umorale e il saggio scientifico, e in alcune parti il polemista forza, in modo evidente, la mano allo storico e all’antropologo. D’altra parte, è proprio la scelta di questo terreno incerto, che rende interessante il discorso dell’autore. In Todd, vero outsider del mondo universitario francese, vi è l’urgenza di far cortocircuitare saperi scientifici e opinione pubblica, un’apparato concettuale e documentario complesso e le circostanze dell’attualità politica e culturale. Il primo e più esibito obiettivo del libro è la profanazione dell’idolo eretto dalle manifestazioni nazionali dell’11 gennaio, attraverso lo slogan Io sono Charlie.

Su questo punto, però, l’essenziale è stato scritto e, in modo tempestivo, da altri. Pensiamo, ad esempio, a un articolo di Alain Badiou, Il rosso e il tricolore, apparso in Francia il 27 gennaio, e pubblicato nella versione italiana sul sito di alfabeta2 (oggi raccolto in Scritti dopo gli attentati di Parigi, un e-book disponibile sul medesimo sito e su Nazione Indiana). Inoltre una delle mosse di Todd per smascherare il carattere islamofobico dei manifestanti pro-Charlie consiste nel denunciare la loro natura di «cattolici zombie». In sintesi, un elettorato post-cattolico avrebbe progressivamente preso corpo nell’elettorato socialista, sostituendo i propri valori inegualitari a quelli tradizionalmente egualitari. Cattolici animati da una fede sempre più tiepida, ma da un’islamofobia crescente, sfilerebbero oggi sotto la bandiera della laicità e della libertà d’espressione. Il grande disastro, insomma, non riguarderebbe la strumentalizzazione dei valori della laicità realizzata dalle destre, ma lo sfaldamento nell’elettorato della sinistra istituzionale dei propri valori tradizionali ad opera dei cattolici-zombie. Ciò che rende poco convincente la tesi di Todd è la reazione virulenta e massiccia che la Francia cattolica ebbe nel 2013 di fronte alla legge promossa dal governo socialista sul matrimonio omosessuale. Solo due anni prima di presentarsi nelle vesti laiciste e post-cattoliche di Io sono Charlie, i cattolici francesi difendevano con unghie e denti la famiglia cristiana, mobilitandosi nelle piazze.

Ben più efficace e persuasiva risulta invece la seconda parte di Qui est Charlie?, dedicata a un’analisi comparativa del modello d’integrazione francese e alla sua evoluzione nel corso degli ultimi trent’anni. Lo sguardo storico-antropologico riesce qui a dissipare non solo i fantasmi della xenofobia, ma anche alcune confuse opzioni ideologiche che si sono fatte strada dapprima nella sinistra istituzionale e più tardi anche in certi movimenti della sinistra radicale. Todd ricorda il carattere inevitabilmente tragico di un’integrazione riuscita tra la società che accoglie e la popolazione immigrata. Accade ai figli di immigrati marocchini o maliani ciò che accadeva ai figli di immigrati italiani o portoghesi: la loro cultura d’origine finisce per soccombere di fronte ai valori e ai modelli familiari della cultura d’arrivo. Non si tratta, qui, di un’opzione, ma di una necessità inevitabile, almeno per ciò che riguarda i flussi migratori tra paesi meno sviluppati e paesi più sviluppati.

L’idea diffusa che alcune popolazioni immigrate, per via della loro cultura o religione, non siano in grado di integrarsi è quindi smentita dai principali indicatori sociali, tra cui quello per Todd più rilevante: la percentuale di matrimoni misti.
Il problema che la Francia si trova ad affrontare non è costituito dalla presunta opposizione dei cittadini di religione musulmana alle regole democratiche della società francese, ma dal rifiuto e dall’incapacità di quest’ultima di garantire un doloroso ma efficace percorso di assimilazione per tale categoria di cittadini. «Dobbiamo essere ben consapevoli che, se esiste, il fallimento dell’assimilazione è sempre imputabile alla società d’accoglienza, mai al gruppo immigrato: se il rifiuto di assimilarsi è inverosimile, il rigetto da parte della popolazione che accoglie è sempre possibile».

Difetto di immaginazione
Todd è sempre stato un sostenitore del modello assimilativo francese rispetto a quello multiculturalista anglosassone. Ed è significativo che sia proprio lui, oggi, a denunciarne la crisi e a identificarne le cause. La Francia, in virtù della sua adesione alla politica economica europea, «non è un paese per giovani», e tantomeno per giovani che provengono da famiglie di recente immigrazione. All’origine di questa situazione, vi è un blocco sociale ben preciso, che vede l’alleanza tra dirigenti e quadri superiori e il nucleo più anziano del ceto medio, che già è in pensione o ci si avvicina. È questo blocco, infatti, a sostenere la fede nelle politiche deflazioniste e d’austerità che hanno dominato il progetto d’integrazione economica e monetaria europeo. E l’islamofobia non è che uno dei suoi frutti ideologici, il sintomo della sua incapacità d’immaginare un futuro per la nazione.

La combinazione tra la politica economica scellerata perseguita dalla classe dirigente e il disorientamento morale del ceto medio sono per Todd le vere cause della crisi del processo di assimilazione francese. Ma senza assimilazione, ossia senza l’apporto di quella gioventù d’origine africana e di religione musulmana non ci sarà futuro per la Francia, ma solo declino inevitabile, culturale ed economico. Si potranno non condividere le posizioni di Todd, ma di fronte a un certo spensierato multiculturalismo di sinistra, la sua difesa del modello assimilativo in un’ottica comparativa e storico-antropologica merita di essere considerata con attenzione. Ciò vale, in modo particolare, per le analisi presentate in questo libro che, di quel modello, indagano forme e genesi della crisi attuale.