Non è la “generazione Bataclan” quella più rappresentata nella folta platea del Centro Eventi di Piazza di Spagna dove Francesco Rutelli – chiamando a raccolta un’ottantina di personalità politiche, culturali, del mondo produttivo e della cosiddetta società civile della capitale per aprire un dibattito su «La prossima Roma», destinato a proseguire con sette gruppi di lavoro su tavoli tematici «fino ad una seconda iniziativa pubblica prima della campagna elettorale» – si è candidato a diventare il nuovo maître à penser del centrosinistra romano. Solo questo, per il momento, ma non è poco. «Ci sono moltissimi capelli bianchi ma è la migliore delle assemblee che abbiamo organizzato da quando mi candidai sindaco per la prima volta», ammette l’uomo che pur nell’ombra ha avuto un ruolo non marginale nella defenestrazione di Ignazio Marino.

Aveva già escluso nei giorni scorsi di poter correre nuovamente (dopo il flop del 2008 che portò Gianni Alemanno in Campidoglio) come sindaco, e ieri l’ex ministro dei Beni culturali ha assicurato anche che non si pronuncerà «per nessun candidato che non abbia intorno a sé almeno cento persone capaci, che abbia con sé queste energie». Ad ascoltare, nella sala che ha accolto nel corso della giornata «più di 2 mila presenze registrate», c’è anche Stefano Fassina, deputato di Sinistra italiana che venerdì a Ostia ha formalizzato la propria candidatura a sindaco di Roma.

Ma qualche ora più tardi in prima fila compare anche l’imprenditore Alfio Marchini, il candidato di tutti e di nessuno, accolto quasi come una star. Avrebbe dovuto prendere la parola pure lui, tra i relatori della lunga kermesse, ma alla fine il «bacio della morte», come lo ha chiamato Fabio Rampelli (FdI), è stato evitato. «Qui non parliamo della corsa al Campidoglio ma del futuro della città – afferma Rutelli – C’è una grande partecipazione, di grande qualità: ci sono comitati di quartiere, manager, imprenditori, architetti, urbanisti, rappresentanti dell’università. È una boccata d’aria pura per il futuro di questa città».

Ma è soprattutto l’occasione per lanciare la sua nuova associazione, «Roma 2025»: «Il nostro traguardo è il 2025, può sembrare remoto ma è davvero domani mattina – spiega l’ex sindaco intervenendo a metà pomeriggio, volutamente non a conclusione dei lavori – questa associazione ha scritto nel suo statuto che tutti coloro che vi operano lo fanno a titolo gratuito e non si candida come una lista civica per le comunali. Il 2025 significa il Giubileo, quello “vero”. Inoltre c’è la possibilità che abbia successo la candidatura olimpica, che non è una passeggiata. Questa associazione, quindi, potrà seguire tutta una serie di attività progettuali, di raccolta di idee, di confronto con altre città. Sarà basata sul volontariato, raccoglierà il contributo dei cittadini che vogliono partecipare e sarà una cosa molto semplice».

Il prefetto Franco Gabrielli è l’ospite d’onore, e forse anche di più: «Me lo hanno chiesto, sì, ma assolutamente non mi candido», risponde a Mario Sechi che lo intervista e che lo definisce «insieme a Sala, il prototipo candidato del Partito della Nazione». Poi duetta scherzosamente con Marchini: «Non sono venuto a portarle via niente. In ogni caso, non sono residente, quindi non la voterò». Gabrielli parla del fortissimo senso di insicurezza percepito, non reale, nelle periferie, auspica la riorganizzazione completa delle forze di polizia e del controllo del territorio, e soprattutto chiede a governo e parlamento di varare una legge ad hoc per Roma capitale. Che sia il modello proposto da Walter Tocci della città-regione tipo Berlino, o altro, sono in molti a chiedere un forte decentramento dei poteri, con municipi che acquistino «almeno una propria autonomia di bilancio» e in Campidoglio un governo centrale light. «Perché – afferma Gabrielli – con una macchina amministrativa così gigantesca nemmeno Superman ce la può fare».

Rutelli invece punta sul «fattore umano», quello su cui, dice, «risiede ogni affermazione della città». Anche per far ripartire il Pd. In sala ci sono numerosi esponenti del suo partito: «I renziani credo si dividano in quattro correnti a Roma e oggi c’erano tutte», afferma. C’è il vicepresidente del Parlamento europeo David Sassoli e la renziana doc Lorenza Bonaccorsi, Walter Tocci, il deputato Roberto Morassut, l’ex vicesindaco Marco Causi, i consiglieri Fabrizio Panecaldo, Athos De Luca e alcuni minisindaci. Ma è a Renzi – che «non mi ha scritto, ma i suoi sì» – che parla quando dice che «il contributo offerto dalla convenction è destinato certamente al Pd, se ne farà un momento di ripartenza. Ma se il Pd non ce la dovesse fare, queste energie andranno incanalate in un soggetto civico».