Una storica prima volta. In occasione della giornata internazionale in memoria delle vittime della transfobia (Transgender Day of Remembrance, Tdor) sfilerà oggi pomeriggio per le strade di Torino (16,30, Piazza Vittorio Veneto) un corteo per la libertà e i diritti delle persone transessuali, la Trans freedom march.

Un’iniziativa assolutamente inedita per il nostro Paese. Organizzata dal Coordinamento Torino Pride, cartello che raccoglie le associazioni glbtq della città e altri gruppi che si battono per laicità e diritti, la manifestazione odierna è un appuntamento di rilievo nazionale: si attendono delegazioni da tutta Italia. Sono annunciati i militanti del Movimento identità transessuale (Mit) e di Atlantide da Bologna, i milanesi dello Sportello Ala, il circolo Pink di Verona, l’Associazione trans Napoli, il Consultorio transgender viareggino. Ci saranno naturalmente le principali organizzazioni glbtq, da Arcigay alle Famiglie arcobaleno.

In piazza anche Cgil, il Gruppo Abele di don Ciotti, l’Arci, organizzazioni studentesche, collettivi femministi. Il comune di Torino e la regione Piemonte patrocinano l’iniziativa.

«Per ricordare le vittime dell’odio anti-trans, tradizionalmente si organizzano i candle light, le veglie con le candele», spiega al manifesto Christian Ballarin, presidente dello storico circolo glbtq torinese Maurice e attivista trans.

«Con il corteo vogliamo uscire dallo schema della commemorazione per rivolgerci all’opinione pubblica in modo più coinvolgente. Una sorta di trans pride che metta al centro le nostre rivendicazioni, che inevitabilmente finiscono un po’ in ombra nelle “tradizionali” giornate dell’orgoglio glbtq di giugno. Noi siamo una presenza più perturbante rispetto a gay e lesbiche: non sarebbe immaginabile una pubblicità con persone trans. Pur nella novità, manteniamo comunque la dimensione del ricordo: alla fine del corteo leggeremo i nomi delle vittime della transfobia e una cantante dell’Opera di Parigi dedicherà loro alcune canzoni», afferma Ballarin.

La Trans freedom march odierna è dedicata in particolare alla memoria di due persone trans che hanno recentemente subito una forma particolare di violenza, quella dopo la morte: Nicole, che è stata seppellita in abiti maschili, e Valentina, che è stata ricordata nei manifesti funebri con il nome da uomo. «La mancanza di una legge che riconosca l’identità delle persone transgender ha permesso che le famiglie calpestassero la dignità di queste due donne. Neanche da morte hanno avuto diritto di essere ricordate per come si sentivano e come vivevano», denunciano gli organizzatori.

Il corteo di oggi arriva in prossimità della giornata dedicata alla lotta contro la violenza di genere: «C’è un legame tra la violenza sulle donne e quella transfobica, perché la stragrande maggioranza delle vittime sono donne trans», argomenta Ballarin. «Viviamo in una società maschilista e le donne trans sono vittime della mentalità dominante. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che spesso si trovano a vivere in contesti di emarginazione sociale che le rende soggetti esposti alla violenza».

Al mondo politico gli attivisti trans chiedono che «la legge sul cambio di sesso venga modificata e riconosca, come in molti paesi europei, anche i diritti di quelle persone che non arrivano all’intervento chirurgico sui genitali ma vivono comunque la loro vita nel genere d’elezione». E proprio per fare il punto sulla riforma della legge sul cambiamento di sesso (la 164/1982), attualmente dimenticata in commissione giustizia al Senato, i promotori hanno invitato giuristi, medici, psicologi ed esponenti politici in un convegno pubblico, domani alle 14 al Museo della Resistenza, sempre a Torino.

Saranno presenti, oltre alle assessore alle pari opportunità di Torino e Piemonte, Ilda Curti (Pd) e Monica Cerutti (Sel), anche i primi firmatari delle due proposte di legge: Sergio Lo Giudice (Pd) e Alberto Airola (M5s). Ballarin è scettico, ma non perde la speranza: «A livello politico non si sta muovendo un granché, ma non molliamo. Penso ci sia un gioco delle parti. Se non si portano risultati sui diritti civili, il Pd non può scaricare le colpe su Alfano: la responsabilità è tutta sua».