Salvo clamorosi effetti indotti dal “dossieraggio”, Flavio Tosi si candida a governatore del Veneto. Intanto ieri sera Salvini ha visto Berlusconi a Milano ma avverte: «Mi interessano i programmi, non le alchimie». Tosi invece vuol mettersi a capo della micro-Dc che coagula liste civiche, gli ex Udc, i frammenti “popolari”, Italia Unica di Passera e le ultime scorie di Scelta Civica. Il sindaco di Verona da anni si prepara a rinunciare alla militanza nella Lega Nord (di cui è tuttora segretario nathional del Veneto) per salire finalmente sul ring dell’eterna, sotterranea, incompiuta sfida a Luca Zaia (governatore uscente, appena confermato dal Carroccio per il bis).

Classe 1969, tecnico informatico, mancino, eletto consigliere comunale a 25 anni, poi recordman di preferenze (28 mila) alle Regionali 2005, padre-padrone della sanità veneta anche per interposto assessore, diventa sindaco a furor di popolo umiliando Paolo Zanotto al primo turno e strappa il bis con il 57% senza bisogno di ballottaggio. Tosi incarna compiutamente la “doppiezza pragmatica” della Liga sul confine di Lombardia, Trentino ed Emilia: alla propaganda “padana” fa sempre riscontro l’esercizio del potere, così come all’esibizione naturale del “proto-fascioleghismo” corrispondono vizi e vizietti lontano dai riflettori televisivi.

È dal 6 ottobre 2013 che Tosi fa il leader a tutto campo: dalla tribuna del palasport di Mantova ha acceso il suo personalissimo Faro, simbolo della Fondazione Ricostruiamo il Paese. Sono 58 le filiali sparse da Bolzano a Palermo, mentre la gestione è affidata a Cristiano Maccagnani (consigliere comunale di Verona), al commercialista Andrea Dante e all’avvocato Daniele Reversi. Ecco il doppio binario: Tosi riscala il vertice della Lega in Veneto, mentre si accredita non solo nei “salotti buoni” e fra le lobby dell’economia e della finanza. Oggi è pronto a girare le spalle al partito che fu di Bossi & Maroni diventato con Salvini la calamita della destra. Perché Tosi si è anche costruito una solida appartenenza “tricolore” ai tempi di Napolitano e non vuole più recitare la parte di alter ego di Luca Zaia, già giovane ministro e da un lustro “serenissimo simbolo” della Lega che governa.

Ormai è tempo di Tosi leader fino in fondo: «Se il Consiglio Federale della Lega non torna indietro, forse mi dimetto e.. liberi tutti» tuona di mattina a Radio24. Poi però lascia aperto l’ultimo spiraglio a Salvini che oggi passerà in Veneto: «Sono d’accordo: basta liti. Nel mondo civile per evitarle hanno inventato le regole ed è sufficiente rispettarle. Sarebbe anche utile, per il rispetto delle regole, che qualcuno qui in Veneto si degnasse di incontrare i dirigenti della Liga».

Il pretesto del braccio di ferro è l’incompatibilità fra tessera della Lega e Fondazione “Ricostruiamo il paese”. La sostanza, però, è che Zaia non vuole candidature e liste decise da Tosi. La conferma che le strade si divideranno viene dal consiglio regionale agli sgoccioli: il 4 marzo Luca Baggio, Matteo Toscano e Francesco Piccolo hanno costituito la rappresentanza “tosiana” in aula.
Il dualismo viene spianato schematicamente: il doroteo Tosi versus il bossiano Zaia; il “fasciovenetismo” delle origini contro il partito degli amministratori di Marca; il sindaco che ha dismesso la camicia verde per vestire il tricolore in antitesi al governatore che da palazzo Chigi a palazzo Balbi ha fatto staffetta con Galan; Verona, nuova piccola patria ciellina e del “sistema” lombardo-veneto, che sfida Treviso ultima roccaforte del Carroccio di lotta e di governo.

In realtà, dietro le quinte, si intuisce facilmente la partita doppia della politica veneta. Da settimane, infatti, è al lavoro la “squadra sussidiaria” degli ex Ds abituata (come Tosi) a frequentare il meeting di Rimini e soprattutto a concertare la gestione di piccole e grandi opere. In parallelo, giocano i berluscones che non hanno mai smesso di essere democristiani: oltre le macerie di Forza Italia, coltivano la loro predisposizione a cavallo fra economia di riferimento e amministrazione pubblica. In comune hanno l’obiettivo di scardinare – proprio grazie a Tosi, meglio se supportato da Ncd e “popolari” vari – il centrodestra che detta legge nelle urne fin dal 1995. «È l’unico modo per far vincere Alessandra Moretti» confessa, candido, un parlamentare Pd in cambio dell’anonimato. «Il vero rischio è che il faro di Tosi si spenga proprio sul più bello. Paradossalmente, più che per via giudiziaria ben oltre i confini regionali sul fronte dell’immagine privata e personale del sindaco di Verona».

Roberto Marcato, presidente del consiglio comunale di Padova, replica così dal bunker dei fedelissimi di Zaia: «Mi vengono i brividi a sentire Tosi che vuol candidarsi contro Luca, governatore uscente e ottima guida dei veneti». Marcato eletto per due volte segretario provinciale della Lega a congresso si è visto sempre commissariare da Tosi. Si è preso la rivincita alle comunali 2014 con il trionfo di Massimo Bitonci, primo leghista sindaco nella città del Santo. E di sicuro sarà Bitonci il capolista a sostegno di Zaia nel collegio delle regionali di maggio.