Il secondo giorno di convention ha portato un nuovo round di manifestazioni prima e durante la convention democratica. Le principali manifestazioni previste durante la giornata erano due, quella degli attivisti di Black Lives Matter, che avevano indetto la Black Dnc Resistance March, e la manifestazione di ShutDownDnc (abbattiamo la convention democratica) organizzata prevalentemente da Occupy Wall Street e a cui avevano aderito tutti quelli che si sono sentiti traditi dal partito democratico e che non si sentono rappresentati da Hillary Clinton.

Alla manifestazione di Black Lives Matter c’erano molti bianchi e all’inizio la cosa aveva stupito molto, persino gli organizzatori. «Vengo da Baltimora e ho aiutato i compagni (e dice proprio “compagni”, ndr) di Filadelfia – racconta JB, come vuol farsi chiamare – Non sono abituato a vedere cosí tanti bianchi alle nostre manifestazioni».

A New York è abbastanza normale. “Sì, di New York lo so – risponde – ma perché New York è un’altra cosa, ma qua non pensavo. Secondo me i bianchi che sono qui sono newyorchesi in città per la convention. Solo nelle grandi città arrivano cosí tanti bianchi ai nostri cortei. Ho una sensazione mista a riguardo. Una parte di me pensa che dovremmo vedercela da soli, un’altra sa che è un bene che sia un problema americano, di tutti gli americani, non solo dei neri americani».

La manifestazione si è svolta senza scontri, e si è unita a un secondo corteo, sempre di Black Lives Matter, cominciato un’ora dopo. La maggior parte delle persone vogliono usare il riflettore acceso sulla convention per far sentire ancora una volta la propria voce. «C’è un problema razziale in America, sotto gli occhi di tutto il mondo – dice Nina, 36 anni del North Carolina – I ragazzi neri vengono sistematicamente uccisi dalla polizia che non viene incriminata. Sparano, uccidono e la fanno franca. Sembra che la colpa sia poi dei nostri ragazzi che semplicemente non dovevano essere lì. Nessun colpevole, nessun poliziotto bianco in galera».

La manifestazione di Blm arriva alla convention poco prima della manifestazione di ShutDownDnc che si era prefissata di arrivare ai cancelli della zona rossa per la seconda parte del conto dei voti, in modo da fare pressione sui delegati e fargli abbandonare la sala in segno di protesta. Ancora una volta è stato come se la manifestazione avesse passato il cancello.

Un gruppo di delegati (quelli dell’Oregon con un bavaglio nero sulla bocca), quando Hillary ha ufficialmente raggiunto il numero legale di voti necessari alla nomina, ha lasciato la sala della convention e si è diretto nel tendone a fianco dove si trova la sala stampa.

Immediatamente la polizia è arrivata impedendo l’accesso o l’uscita dalla sala stampa dove giornalisti e delegati si sono trovati rinchiusi. In pochi minuti la sala stampa è diventata Zuccotti Park, con delegati che si comportavano da attivisti e trattati dalla polizia come manifestanti abusivi. Slogan scanditi, striscioni, cartelli, mic check lanciati e ripetuti, pugni alzati, con parte dei giornalisti che ha precipitosamente abbandonato la convention per seguirli.

Alcuni delegati sono rimasti fuori la sala stampa per parlare con i giornalisti che li avevano seguiti e tra un’intervista e l’altra davano solidarietà ai colleghi temporaneamente imprigionati attraverso il tendone trasparente usato come separé. Mentre il vero e proprio circo mediatico si scatenava, gli organizzatori, nervosissimi, arrivavano a cercare di riportare all’interno i giornalisti usciti al seguito dei delegati ripetendo che all’interno, da lí a poco, avrebbero parlato le madri di Black Lives Matter e di lasciar perdere quei delegati facinorosi. Inascoltati.

Ciò che i delegati spiegavano era la propria delusione e rabbia per essere stati scaricati, non ascoltati, usati strumentalmente per appoggiare una candidatura che non riconoscono come propria, anzi, che vedono come tutto ciò a cui si oppongono.

La manifestazione di protesta ha coinvolto qualche centinaio di delegati ed è durata un paio d’ore, con la polizia che circondava e blindava la sala stampa, senza un vero perché, in quanto nessuno aveva intenzione di picchiare nessun altro.

Intanto fuori erano affluiti tutti i cortei; quattro tentativi, per lo più dimostrativi, di scavalcare le transenne sono terminati con quattro fermi, e mentre all’interno la polizia liberava la sala stampa, lí fuori arrivava Jill Stein a improvvisare un comizio ripetendo che l’unica alternativa possibile è un terzo polo, indipendente e staccato dalle lobby e dalle prassi del partito unico ma bicefalo che è il sistema politico americano.

«Jill Stein è animata dalle migliori intenzioni, credo, così come questi delegati – osserva Therese, 47 enne, sostenitrice di Clinton proveniente dal Missouri – ma si rendono conto cosa rischiamo? Rischiamo, se va bene, 4 anni di Trump che spaccherà la nazione e cancellerà tutto il lavoro fatto. Forse non si ricordano più com’era ridotta l’America dopo due mandati di Bush».

«Io penso che Jill Stein debba fare un passo indietro – osserva Simon, 52 enne, anche lui del Missouri – Tra 4 anni può correre nuovamente, se il fine è quello di formare un terzo polo. Con Hillary alla Casa Bianca, però, eliminato Trump che, se non vince ora, sparirá soffocato dal suo stesso odio».