La chiamano “la battaglia di New York” e mai definizione è stata più calzante per queste primarie americane.

Solitamente ad aprile, quando si arriva al voto nei grandi stati, i giochi sono fatti, ma non quest’anno, visto che si parla di convention contestata tanto per i repubblicani (dove è più probabile) che per i democratici, e la battaglia elettorale è in pieno svolgmento; così, a una settimana dal comizio di Clinton, Sanders si rivolge alla comunità afro-ameiricana parlando dallo stesso palco scelto da Hillary (e prima di lei da Obama), quello dell’Apollo theatre.

“I sondaggi che riconoscono a Clinton un vantaggio tra gli afro-americani sono datati – dice Nadia, trentenne afro-americana – si riferiscono all’inizio della campagna, quando in pochi conoscevano Sanders. Ora sta diventando chiaro come lui sia il candidato più vicino ad Harlem. È un figlio di immigrati, nato povero, in periferia e dall’altra parte abbiamo una ricca ragazza bianca”.

Ma non sono solo le radici di Sanders ad essere applaudite all’Apollo. Quando entra sul palco, con la testa incassata tra le spalle e comincia a parlare con la voce rauca dai numerosissimi comizi che sta tenendo a New York, tra il pubblico scende il silenzio.

Sanders per prima cosa abbraccia Harry Belafonte, attivista quasi novantenne che invita tutti ad andare a votare, a rispettarsi tramite il diritto di voto e a votare per Sanders.

 

Sanders e Harry Belafonte - foto Reuters
Sanders e Harry Belafonte – foto Reuters

Ma la presenza più importante per il governatore del Vermont è quella di Erica Garner, figlia di Eric, ucciso per soffocamento dalla polizia di New York mentre, disarmato e a terra, chiedeva di allentare la presa perchè non riusciva a respirare.

Erica è sul palco (mentre sua nonna è tra il pubblico) e difende la candidatura di Sanders contro quella di Clinton, che sin dall’inizio ha goduto dell’appoggio delle madri di Black Lives Matter e generalmente di una grossa parte di movimento che vede in lei la candidata con gli appoggi necessari per sostenere la causa dei diritti degli afro-americani.

“Sono convinto che Sanders potrebbe arrivare là dove non è riuscito ad arrivare Obama – dice Tom, cinquantenne afro-americano – e con mezzi diversi da quelli di Hillary, più puliti. Quello che dice è vero: il problema razziale ha radici nel problema economico”. Un concetto su cui Sanders non da oggi insiste moltissimo.

Il suo discorso va a braccio ed è tutto rivolto a questo pubblico, non una replica di uno dei cinque comizi precedenti fatti in questo stesso giorno in altri quartieri di New York.

Parla della violenza della polizia, vuole un corpo di polizia rispettato e non temuto, in grado di non usare un’arma come prima soluzione ma come ultima spiaggia, parla di un sistema giudiziario che non penalizzi la comunità nera e di terminare la guerra alla droga, anche decriminalizzando la marijuana.

“I bianchi fanno uso di marijuana tanto quanto i neri, ma in prigione per uso di marijuana vanno quasi solo i neri. Beh, questo è indicativo e questo deve finire”, dice dal palco scatenando un mare di applausi.

Spiega come la disparità economica si intrecci col problema razziale, concetto portato avanti anche da alcuni leader religiosi di Black Lives Matter, come il gramsciano reverendo Sekou; risponde a domande dal pubblico e parla di gentrificazione, dell’importanza di avere quartieri che non diventino ghetti per bianchi ricchi mentre le minoranze son relegate in periferie dormitorio.

Continua parlando di diritto allo studio: “Per la mia generazione era importante avere un diploma per avere un lavoro qualificato. Ora serve una laurea, per questo servono università pubbliche, accessibili a tutti. C’erano, in America esistevano, qui a New York, in California, alcune delle nostre migliori menti vi si sono laureate. Bisogna ripristinarle”.

“Voterò per lui, per il buon senso – dice Will, 27 anni, avvocato afro-americano – i sondaggi dicono che Sanders è in vantaggio con i giovani di cultura superiore. Io, come molti qua, sono un giovane professionista e sono afro-americano. I miei genitori, invece, sono per Hillary, io sto cercando di convincerli”.

E quando un provocatore chiede a Sanders del suo appoggio ad Israele, in quanto ebreo, Sanders risponde parlando, da ebreo, dei diritti della Palestina e a quel punto l’applauso diventa lunghissimo.