«Una morte atroce. Sandrine è spirata sola, disperata, riversa in un bagno. Impossibile non sentirsi chiamati in causa nella “nostra Africa”, soprattutto per noi che abbiamo scolpito nel cuore il mandato evangelico Euntes curate infirmos…».

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Don Dante Carraro

 

Dante Carraro, 58 anni, cardiologo, ordinato sacerdote nel 1991, dall’estate 2008 è il direttore di Medici con l’Africa Cuamm, l’ong padovana che da più di 60 anni si preoccupa di garantire il diritto alla salute nel continente. È presente in Angola, Etiopia, Mozambico, Sud Sudan, Sierra Leone, Tanzania, Uganda con 827 operatori internazionali e 72 progetti di cooperazione più un centinaio di micro-realizzazioni di supporto, con cui appoggia 14 ospedali, 35 distretti medici, tre scuole infermieri e due università. Il bilancio 2015 del Cuamm ammonta a 21,7 milioni di euro di cui ben 19,4 investiti direttamente negli interventi, compresa l’ultima campagna dedicata al parto sicuro.

Qual è stata la reazione al «caso Cona» che in questi giorni ha riportato in primo piano la condizione dei profughi?

Confesso che mi fa venire le lacrime agli occhi pensare alla ragazza ivoriana di 25 anni stroncata da un’embolia polmonare. Atroce solo pensare ai suoi ultimi istanti di vita, alla ricerca di ossigeno senza più riuscire a respirare. Per di più, disperata e sola, abbandonata in un bagno. Sandrine è morta così, a poche decine di chilometri dal Cuamm. Un dramma anche per noi che siamo vicini quotidianamente alle donne africane affinché la gravidanza e la maternità siano sorrette da consapevolezza, impegno e un minimo accompagnamento sociale. Altrimenti, restano abbandonate a loro stesse. Con i nostri volontari assicuriamo visite mediche, ma anche ascolto, accompagnamento, coinvolgimento della famiglia, sicurezza e affetto. Devo dire che quest’attività a lunga gittata per lo più riesce, compresa l’educazione alla maternità responsabile in ogni suo aspetto. Che poi a Cona accada un episodio così tragico, davvero ti distrugge…

È il «Veneto africano» rimosso fino a quando non ci scappa il morto. Davvero non c’è alternativa ai migranti «ospitati» in massa nelle ex strutture militari?

Come sempre, donne e minori sono i più deboli, soggetti indifesi e troppo spesso esposti al peggio. In Africa come qui da noi, se la gestione si dimostra sostanzialmente carente finisce per produrre i drammi più inquietanti. Nell’ex base di Conetta, non c’è dubbio che una concentrazione così densa di persone rappresentasse da tempo una sorta di bomba ad orologeria destinata a deflagrare. Con 1.500 profughi ammassati, prima o poi i fattori di rischio avrebbero avuto la meglio. Non mi permetto di giudicare né di accusare nessuno, tuttavia mi sembrano evidenti almeno tre questioni.

La prima e più impellente?

Vanno cercate e trovate soluzioni diverse nell’accoglienza. Una distribuzione dei profughi più diffusa nel territorio, con quantità gestibili e in modalità più comprensibili ai residenti.

E poi cosa altro «insegna» questa vicenda?

Una sola coop fa fatica, comunque, perché nell’accoglienza servono anche le istituzioni. La morte di Sandrine richiama sindaci, prefetti, governo a riprendere in mano la situazione, senza deleghe. La terza questione riguarda il volontariato. Non c’è dubbio che in Italia si pone sempre più il tema dei migranti con un appello che chiama in causa il volontariato. Ma responsabile, professionale, ben gestito, che coinvolge sempre le istituzioni. Insomma un intervento competente, che assicuri condizioni idonee. Come Cuamm in Africa con i progetti sul campo vogliamo rafforzare il sistema sanitario locale: il volontariato non è supplenza, ma coinvolgimento.

In Italia qual è la vostra esperienza in situazioni di «emergenza» con i migranti costretti in condizioni limite?

A Rignano da un anno e mezzo, i nostri volontari e medici ogni fine settimana sono presenti con il camper per le centinaia di ghanesi che nel Foggiano raccolgono pomodori e sopravvivono in un ghetto. Ovviamente, l’assistenza non solo sanitaria è offerta senza un euro in cambio. Garantiamo un servizio essenziale temporaneo, sollecitando le istituzioni: con l’assessorato regionale c’è, appunto, un costante coinvolgimento per poter risolvere questa situazione altrettanto drammatica.