Si chiamano Drg, i codici che aprono la cassaforte del budget sanitario in mano alle regioni. Numeri che corrispondono a precise prestazioni, legate a pagamenti che raggiungono cifre con molti zeri. Qui si nasconde il trucco, vecchio ma efficace, in grado di far saltare il banco, gonfiando a dismisura i bilanci di quelle strutture sanitarie private che hanno ottenuto l’accreditamento con il sistema pubblico. Basta cambiare il numero, e gli zeri salgono. Importi non dovuti, che entrano direttamente nei bilanci delle tantissime società private convenzionate. L’ultimo caso, in ordine cronologico, di questa vasta letteratura giudiziaria sta coinvolgendo undici indagati accusati di presunta truffa al sistema sanitario della regione Lazio. Con un nome eccellente, il potentissimo ex presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, coinvolto – con la sola accusa di falso – nella sua qualifica di direttore generale dell’ospedale israelitico di Roma. Una struttura considerata di eccellenza, finita da alcuni mesi nel mirino dei magistrati, colpita da un’inchiesta che ha già portato nei mesi scorsi alle dimissioni dello stesso Mastrapasqua dai vertici dell’istituto previdenziale italiano.
Ieri mattina i carabinieri del Nas si sono presentati nei locali dell’istituto di cura romano con un ordine di perquisizione firmato dai pm Maria Cristina Palaia e Corrado Fasanelli. Cercavano le tracce di quei codici Dgr che – secondo la procura – avevano cambiato natura, al solo fine di raddoppiare i compensi stanziati dalla regione Lazio. Un «intervento alle dita del piede», ad esempio, diventava un caso grave da affrontare con un ricovero al posto di un semplice day hospital, passando da una remunerazione prevista di 2759 euro a 4629 euro. E ancora – si legge nel decreto di perquisizione – una biopsia con un valore tabellare di 238 euro cambiava codice Drg, con un fattura finale che saliva fino a 1459 euro. Variazioni che sarebbero state riscontrate dagli investigatori in «centinaia di trattamenti sanitari analoghi», per una cifra di milioni di euro. Il conto totale è ancora in corso, ma alcune voci ipotizzano un danno per il sistema sanitario pari ad almeno 15 milioni di euro, cifra che corrisponde ai pagamenti per ora bloccati dalla regione Lazio, dopo i primi accertamenti della scorsa primavera.
L’atto di accusa della procura romana riguarda anche l’ipotesi di falso. Secondo gli inquirenti, il management dell’ospedale israelitico guidato da Antonio Mastrapasqua era riuscito a conoscere in anticipo l’invio di una ispezione della Asl competente la scorsa primavera, «alterando lo stato dei luoghi, la destinazione degli ambienti dell’ospedale e delle attività sanitarie svolte, in modo tale da indurre in errore il personale ispettivo», scrivono i due pm titolari dell’indagine. Una mossa che avrebbe portato ad un «falso verbale ispettivo indenne da rilievi ai fini dell’ottenimento della conferma dell’autorizzazione dell’accreditamento al sistema sanitario regionale». Un lavoro di lobbying illecito per gli investigatori, che avrebbe evitato problemi all’ospedale. Gli accertamenti già effettuati nei mesi scorsi dai carabinieri del Nas avrebbero poi portato alla scoperta della «avvenuta falsificazione di cartelle cliniche» già sottoposte all’ispezione della Regione Lazio.
L’indagine – partita nei mesi scorsi – ha colpito i vertici dell’ospedale romano: oltre a Mastrapasqua sono attualmente indagati, a diverso titolo, il direttore sanitario dell’ospedale israelitico Giovanni Luigi Spinelli insieme alla segretaria Dania Roscani, la vice direttrice amministrativa Tiziana D’Agostini, Mirella Urso, impiegata della direzione sanitaria, il primario di ortopedia Elvira Di Cave, la responsabile dell’ufficio affari generali Batia Popel, il consulente Antonio Canistrà, i dipendenti dell’istituto Stefano Burini e Domenico Gallà e il medico responsabile dell’assistenza domiciliare Stefano Maria Zuccaro. In sostanza buona parte del management dell’ospedale Israelitico, in un’inchiesta che appare ancora alle battute iniziali.
La perquisizione di ieri ha riguardato anche i locali di due Asl romane e alcuni uffici regionali, responsabili per la gestione del budget sanitario. Intanto anche la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo per valutare l’eventuale danno erariale.