Passate poco più di ventiquattrore dalla conferenza stampa in cui Vladimir Putin, tra gli altri argomenti, aveva ribadito di voler «garantire libertà di impresa e proprietà» e dare veste legale alla più volte annunciata amnistia per i capitali portati all’estero – «la questione non è il rientro dei capitali. La questione è quella della legalizzazione. Se un’impresa vuol mantenere denaro e proprietà all’estero, che li mantenga» aveva detto giovedì – ecco che, venerdì sera, il Presidente ha messo a proprio agio i rappresentanti di 41 imprese russe invitati cena al Cremlino ribadendo che non ci sarà «nessuna pressione sul business».

Vladimir Putin ha chiamato a raccolta il fior fiore della ricchezza (soprattutto dei settori energetici, ma non solo) del paese per cercare di avviare quella «ristrutturazione e differenziazione dell’economia» di cui aveva parlato giovedì, ammonendo nel contempo che la tempesta sul rublo, (è stata calcolata in 122 milioni di dollari la fuga di capitali all’estero nell’ultima settimana, contro i 24 milioni di quella precedente) forse attenuata nel fine settimana, potrebbe ben intensificarsi già da lunedì. Complici le sanzioni occidentali, cui Putin attribuisce un buon 30% di peso sui problemi economici del paese.

Le sanzioni non sono certo passate in secondo piano negli ultimi due o tre giorni. Tanto che a Piazza Smolenskaja (sede del ministero degli Esteri) stanno alacremente lavorando a un piano di risposta alle misure occidentali, senza mancare di rilevare alcune dissonanze tra i punti di vista delle sponde contrapposte dell’Atlantico. D’altronde, ha detto il portavoce del ministero Aleksandr Lukashevic, se «alla Casa Bianca è occorso mezzo secolo per riconoscere l’infruttuosità del blocco di Cuba, vuol dire che anche noi aspetteremo». Lukashevic ha espresso amarezza per le nuove sanzioni contro la Crimea («parte inseparabile della Russia») e contro i rappresentanti del Donbass, «dirette a minare il processo politico» ha detto Lukashevic. Tanto che ieri il Presidente ucraino Poroshenko ha preannunciato tre successive fasi di mobilitazione militare per il 2015.

Le sanzioni «sono una strada senza uscita – ha dichiarato il Responsabile per i diritti umani Konstantin Dolgov -, un segno di debolezza da parte di chi le adotta. Scaturiscono dall’incapacità di spostare la Russia dalla nostra ferma posizione di principio per la difesa degli interessi nazionali».

Ma anche al di là dei confini russi si esprimono sempre più dubbi sull’efficacia delle sanzioni e sulla loro produttività per i paesi che le adottano. Venerdì era stato il Ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier a dire, in un’intervista a Der Spiegel, che coloro che intendono mettere economicamente in ginocchio la Russia si sbagliano di grosso se pensano che ciò conduca a una maggior sicurezza in Europa. Il giorno prima, il politologo britannico Aleksander Clackson aveva dichiarato che l’Europa non dovrebbe rallegrasi delle difficoltà economiche della Russia, considerati anche gli stretti legami tra Mosca e Bruxelles, principale investitore sul mercato russo.

Stessa cosa al di là dell’Atlantico, dove diversi ambienti imprenditoriali si lamentano per gli effetti negativi delle sanzioni sugli affari statunitensi e non comprendono il perché certi «passi politici vengano intrapresi a spese degli imprenditori».

E ieri è stata la volta del Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni che, pur giudicando giusta la scelta europea delle sanzioni, ha detto che l’Occidente non si dovrebbe fare troppe illusioni sul fatto che sotto la loro influenza, la Russia muti automaticamente politica. La storia dimostra che molto spesso la Russia reagisce alle situazioni economiche drammatiche con la difesa degli interessi nazionali piuttosto che con un cambiamento di corso politico».

Tali mosse europee sembrano aver influito sulle dichiarazioni di Barack Obama il quale, pur avendo apposto la firma sul l’«Atto in sostegno alla libertà dell’Ucraina» – approvato nei giorni scorsi dal Congresso, prevede la possibilità di nuove sanzioni contro Mosca – ha tuttavia detto che «al momento l’Amministrazione non intende aggiungere sanzioni, ma l’atto conferisce all’Amministrazione ulteriori poteri che possono essere usati nel caso le circostanze lo richiedano».