Non si può definire pienamente entusiasta la reazione di Mosca alle decisioni uscite giovedì sera dalla riunione dei Ministri degli esteri dell’Unione europea e che riguardano, nello specifico, il tema delle sanzioni contro la Russia. Vero è che dal comunicato ufficiale di Bruxelles sono scomparse, su richiesta del nuovo ministro degli esteri greco Nikos Katzias, sia la pretesa all’introduzione di nuove sanzioni, sia l’attribuzione alla Russia delle responsabilità per la situazione ucraina: di questo, il Cremlino dà il dovuto riconoscimento agli sforzi del nuovo esecutivo di Atene, mentre, sulla base di non meglio precisate «fonti di Bruxelles», la filogovernativa Vzgljad parla di un «sostegno alla eliminazione» delle sanzioni addirittura da parte di Austria, Ungheria, Italia, Slovacchia, Francia e Cechia. Non è tutto. A far eco al relativo «passo sul posto» di Bruxelles (Federica Mogherini aveva parlato, alla vigilia della riunione, di unanimità su nuove sanzioni) una sorta di doccia fredda per Kiev è venuta ieri addirittura dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che ha rifiutato di accogliere la risoluzione adottata dalla Rada ucraina con cui si qualificavano le Repubbliche di Donetsk e Lugansk «organizzazioni terroristiche».

Ma, in ogni caso, il Ministero degli esteri russo invita l’Unione europea a «riflettere sull’assenza di prospettive data dalla contrapposizione delle sanzioni», dato che le nuove non sono state adottate, ma nemmeno le vecchie sono state eliminate. «Una tale lettura unilaterale della situazione relativa al conflitto interno ucraino, priva Bruxelles della possibilità di agire quale ’intermediario imparziale’» riporta la Tass. «Sbalordisce la fretta con cui sono state adottate giovedì le decisioni Ue. Evidentemente si temeva che si sarebbe ripetuta la confusione di settembre, allorché le sanzioni furono inasprite il giorno successivo al raggiungimento degli accordi» di Minsk.
Il riferimento agli accordi di Minsk è legato all’incontro, previsto per ieri ancora nella capitale bielorussa, del cosiddetto Gruppo di contatto e saltato per il rifiuto di Kiev a prendervi parte. Successivamente, dopo che i plenipotenziari delle Repubbliche di Donetsk e di Lugansk, Denis Pushilin e Vladislav Dejnego, erano ripartiti da Minsk, è giunta la notizia che l’ex Presidente ucraino Leonid Kuchma (che ha preso parte ai precedenti incontri) si appresterebbe a recarsi oggi a Minsk per la riunione. Pushilin e Dejnego hanno detto che le Repubbliche sono pronte a tornare oggi nuovamente a Minsk, per fissare l’area di non contatto tra le parti in conflitto, partendo dalle attuali posizioni e allontanando le rispettive artiglierie pesanti.

Artiglierie che ieri, da parte governativa, hanno causato la morte di 12 persone nel centro di Donetsk (nella foto reuters). È stata questa la risposta di Kiev alla notizia secondo cui le milizie, avendo occupato i centri di Uglegorsk e Mikhailovka, avrebbero completato l’accerchiamento di circa 10mila soldati governativi nel saliente di Debaltsevo. Sembra che Kiev disponga di sempre meno risorse per motivare il proprio esercito – a parte le migliaia di dollari di ricompensa per la distruzione di un carro armato nemico o le centinaia per l’uccisione di miliziani – e gli uomini in età da mobilitazione ricorrono a ogni mezzo per sottrarsi alla chiamata. L’ultima trovata, di cui parla lo stesso governo ucraino, sarebbe l’acquisto della qualifica di addetto ai culti.