Il primo è Marco Affronte. L’europarlamentare eletto nel Movimento 5 Stelle dopo l’andirivieni dei giorni scorsi tra liberali ed euroscettici ha lasciato il partito e si è unito al gruppo dei Verdi. Poi c’è Marco Zanni, che se ne va nel gruppo Enf della leader del Front National Marine Le Pen con i leghisti.

Grillo ha menzionato la fantomatica «penale» di 250 mila euro per chi cambia casacca, agitando il codicillo che già da ieri sventolava nelle chat coi suoi eletti a Bruxelles. Affronte non vacilla: «Non credo arriveranno al punto vergognoso di chiedere una cosa simile». Sa bene che i parlamentari europei, come quelli nazionali, non hanno vincolo di mandato, difficile che nella gerarchia del diritto una scrittura privata venga prima della Costituzione. L’avvocato Lorenzo Borrè, che ha portato con successo la posizione di diversi espulsi alla giustizia ordinaria, annuncia ancora un ricorso sui nuovi regolamenti, mentre pende il giudizio del tribunale civile sul contratto firmato da Raggi a Roma.

COME ACCADUTO ALTRE VOLTE, Affronte approfitta della nuova collocazione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Spesso nel M5S si sta un po’ troppo zitti. È una situazione che è stata creata e voluta». Consulente scientifico di Rimini considerato vicino a un altro fuoriuscito eccellente, Federico Pizzarotti, Affronte racconta di aver ricevuto segnali di «grandissimo rispetto e una grande stima» dai suoi ormai ex colleghi di gruppo.

A Bruxelles si diffonde la notizia che un altro grillino ha le valige pronte. Il gruppo dei Verdi ha approvato con un solo voto contrario la richiesta di ingresso presentata da Daniela Aiuto. La quale però ci ripensa e annuncia l’intenzione di restare nel gruppo Efdd composto dall’Ukip e dal M5S.

Al momento, dunque, gli europarlamentari del M5S sono 15. È una squadra eterogenea, come sempre negli ambiti del M5S. Godono di status particolare, sono meno controllati su quattrini e rimborsi. Molti di loro si sono trasferiti nella capitale belga con familiari e figli. Lo scenario europeo non è esattamente una novità per Grillo.

POCHI RICORDANO che prima di questa legislatura furono sempre le elezioni europee, nel 2009, a fornire un test a Grillo e Casaleggio. In quell’occasione il blog di Grillo fece endorsement per i due candidati dell’Italia dei Valori, Luigi De Magistris e Sonia Alfano. All’epoca, Di Pietro si avvaleva della consulenza della Casaleggio Associati per le faccende telematiche. Il risultato fu sorprendente. Sia il magistrato napoletano che aveva sfidato il connubio tra politica e massoneria che la donna siciliana impegnata sul fronte antimafia sbarcarono a Bruxelles trascinati da un fiume di voti. L’idillio con il comico e l’imprenditore, non ancora fondatori del Movimento 5 Stelle, durò poco per entrambi. Cinque anni più tardi, il M5S sfidava il Pd per compiere il sorpasso dopo la grande affermazione delle politiche di 12 mesi prima e costringere Renzi alle dimissioni. Finì con un ottimo risultato per il Pd (40%), ma il M5S si portò a casa un ragguardevole 21,15%, corrispondente a 17 eletti, 9 donne e 8 uomini di età media inferiore.

 

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il capogruppo Ignazio Corrao

UNA SQUADRA che, a parte poche eccezioni, ha sempre mal digerito l’alleanza con l’Effd di Nigel Farage imposta dai vertici. Per questo in tanti hanno storto il naso di fronte all’inattesa mossa di passare all’Alde ma hanno accettato con sollievo di abbandonare Ukip e soci.

Lo hanno fatto capire il siciliano Ignazio Corrao e la calabrese Laura Ferrara. Entrambi provengono da studi giuridici. Corrao si definisce «giurista terzomondista», ha lavorato all’Unicef e nell’ufficio legale del M5S all’Assemblea regionale siciliana. Il suo ultimo intervento in seduta plenaria risale a un mese fa, quando ha espresso la sua approvazione alla relazione sui «diritti umani e la democrazia nel mondo».

Ferrara era tra i pochi al corrente del cambio di gruppo. Si è occupata di migranti. Mentre Grillo e molti parlamentari italiani del M5S volevano chiudere le frontiere ed espellere i «clandestini», in Europa Ferrara denunciava il problema opposto: «Il trattato di Dublino – ha detto – impedisce ai migranti di raggiungere direttamente il paese desiderato, imprigionandoli nel luogo di arrivo».

 

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Fabio Massimo Castaldo

L’ALTRO DEPUTATO che sapeva delle trattative in corso coll’Alde è il romano Fabio Massimo Castaldo, già portavoce di Paola Taverna e membro del disciolto mini-direttorio cucito attorno a Virginia Raggi. Castaldo in questi due anni ha tenuto d’occhio più le vicende romane che quelle continentali, passando alle cronache quando ha usato Facebook per raccontare una struggente storia d’amore in chiave politica con ardito paragone tra le difficoltà che incontra nella sua attività a Bruxelles e quelle in cui è incappato con una partner.

Nonostante il forte dissenso espresso negli ultimi giorni, risulta ancora iscritto al gruppo Dario Tamburrano, anche lui romano, attivissimo sul fronte dell’ambientalismo e vicino ai temi della decrescita.

 

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David Borrelli

David Borrelli è nell’occhio del ciclone, considerato il principale animatore della trama che avrebbe dovuto traslocare il gruppo grillino. Viene da Treviso, considera la Lega antesignana del M5S ed è un pilastro del grillismo veneto, molto schierato a destra (in consiglio regionale hanno votato con Zaia contro la legge sulla tutela della cultura rom).

DA NORDOVEST viene un altro dei deputati considerati in crisi: si tratta di Marco Valli, che assieme a Zanni firmò un emendamento per cancellare la parità di genere dal bilancio Ue del 2017. La campana Isabella Adinolfi ha affrontato le polemiche allo stesso modo della maggior parte dei suoi colleghi: pubblicando il post di Grillo sulla consultazione online ed evitando di esprimere pareri personali. Siede in commissione cultura intenta a «combattere le lobby». Dalla sua esperienza in parlamento europeo trae questa certezza: «Come il M5S non esiste niente, attualmente».