Reggio e Messina, città teatro di due nuovi sbarchi tragici. Il primo con a bordo 692 persone, il secondo con 453 persone e 14 cadaveri. Sulla nave giunta a Reggio anche donne incinte e diversi minori; a parte quelli che sono stati tradotti in ospedale per accertamenti, gli altri verranno redistribuiti tra varie regioni italiane.

Ancora peggiore e drammatica la scena che si sono trovati di fronte a Messina, dove la procura ha già aperto un’inchiesta per scoprire le cause del decesso e il tragitto della barca in questione, che sarebbe stata intercettata e soccorsa lunedì al largo della Libia. Si cercano gli scafisti, come sempre. È l’ennesima tragedia che si consuma sulle due parti dello stretto.
È arrivata ieri mattina nel porto di Reggio Calabria la nave «Bourbon Argos» con a bordo 692 immigrati, di cui 414 uomini, 219 donne e 59 minori di presunta nazionalità eritrea. E tra i migranti giunti in Calabria ci sono 12 donne incinte e 11 minori non accompagnati. Diversi sono i casi di scabbia e di pediculosi, riscontrati dai sanitari che hanno effettuato le prime visite a bordo.
Dieci le persone per le quali è stato disposto il ricovero in ospedale anche se non si tratta di casi gravi. Dopo l’arrivo dei migranti è scattato il dispositivo per la prima assistenza attuato con il coordinamento della Prefettura di Reggio Calabria, la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di Finanza, personale di Comune, Provincia, Capitaneria di Porto, dall’Azienda Ospedaliera, Usmaf, 118, associazioni di volontariato, Coordinamento ecclesiale e Croce Rossa italiana.
Secondo il piano di riparto predisposto dal ministero dell’Interno i migranti, a bordo di alcuni pullman in attesa nel piazzale del porto, raggiungeranno le destinazioni prestabilite in altre regioni del Paese.
Cento di loro andranno in Lombardia, altrettanti in Veneto, 92 in Toscana e 400 in Campania. Dall’altra parte dello Stretto, qualche ore prima era entrato nel porto di Messina il pattugliatore irlandese L.E. Niamh con a bordo 14 cadaveri recuperati su un barcone stracarico di immigrati, soccorso lunedì al largo della Libia, nella zona di Zuara. L’unità, impegnata nel dispositivo europeo Triton, ha attraccato al molo Marconi dove l’Autorità portuale di Messina ha predisposto l’apparato logistico per lo sbarco delle salme e dei 453 profughi che sono giunti con la nave. Restano da chiarire le cause della morte degli immigrati.
La procura della Repubblica di Messina ha aperto un’inchiesta. Quattro medici legali sono saliti a bordo del pattugliatore perché incaricati di una prima ricognizione delle salme, già in avanzato stato di decomposizione. Le cause della morte saranno stabilite dell’autopsia.
A coordinare l’inchiesta sarà il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita anche lui presente sul molo Marconi. Parte delle salme saranno poi trasferite nella camera mortuaria degli ospedali cittadini e della provincia in attesa della autopsia.
All’arrivo delle bare si è svolta una preghiera simbolica alla presenza di un prete della Caritas, di un monaco buddista e di un imam arrivato dalla provincia. I corpi sono stati trasferiti negli obitori di Messina e provincia. Si cercano ora gli scafisti responsabili di queste nuova tragedia del mare. I corpi stavano ammonticchiati uno sull’altro nella stiva della chiatta soccorsa. Altri sul pontile in mezzo ai vivi.
«Non sappiamo ancora come sono morti perché non sono cominciati i rilievi tecnici sulle salme ma non è azzardato immaginare che, come spesso accade in questi casi, siano stati soffocati dai fumi di scarico dei motori o dalla mancanza di aria per l’elevato numero dei migranti trasportati nelle barche» ha detto il questore, Giuseppe Cocchiara, che insieme al sindaco Renato Accorinti, sta seguendo le operazioni sul molo Marconi.
«Sarebbe uno sbarco rutinario con un numero di migranti neanche eccessivo se non fosse per questo senso di tristezza che ci viene dal fatto di sapere che a bordo ci sono anche 14 cadaveri» ha aggiunto il questore, «ulteriori vittime di questo traffico disgraziato che produce questi risultati».
Accorinti, da parte sua, ha sottolineato: «È una ferita incalcolabile. Partono con la speranza nel cuore, arrivano morti o nel migliore dei casi avvolti nel terrore». Tra i 453 immigranti di varie nazionalità circa un centinaio di bambini. Ad accoglierli, medici dell’Asp, personale della Croce Rossa, volontari, Capitaneria di porto e attivisti delle associazioni antirazziste.