«Non esistono più le condizioni per poter lavorare in sicurezza». Con questa motivazione il Belgio ha ritirato i propri funzionari dalle isole greche dove erano impegnati con l’Ufficio europeo di sostegno all’asilo (Easo). Ad annunciarlo è stato il segretario di stato belga alla Migrazione Theo Francken, spiegando come la decisione sia nata in seguito al deterioramento delle condizioni di sicurezza sulle isole. Secondo fonti di stampa belghe nei giorni scorso alcuni migranti avrebbero sparato contro gli uffici dell’Easo a Lesbo per protestare contro la lentezza della burocrazia, mentre disordini si sarebbero verificati mercoledì a Chio. Francken ha assicurato che i funzionari torneranno al lavoro quando si saranno ripristinate condizioni di lavoro sicure e un’accelerazione delle procedure di asilo e dei rimpatri verso la Turchia.

La situazione sulle isole dell’Egeo è tesissima non solo per la lentezza con cui vengono esaminate le richieste di asilo, ma anche per le condizioni di estremo sovraffollamento. Stando agli ultimi dati complessivamente vi troverebbero posto 16.187 migranti, il doppio della reali capacità di accoglienza (8.204 posti). Ad esplodere letteralmente sono Lesbo dove c’è posto solo per 3.500 migranti e si trova invece a ospitarne 6.147, Chios, con 4.210 profughi e una capacità ricettiva di 1.100 posti, Samos dove si trovano 2.707 persone mentre non potrebbe ospitarne più di 850 e Kos che dà accoglienza a 2.016 richiedenti asilo pur avendo una capacità di1.000 posti.

La questione dei rimpatri verso al Turchia è infine un altro elemento di forte tensione. Il 29 ottobre scorso Amnesty International ha riportato le testimonianze di otto siriani, tra i quali quattro bambini, che hanno denunciato di essere stati rimandati illegalmente in Turchia senza rispettare le garanzie procedurali e senza considerare la loro richiesta di asilo.