«Nel sociale ci siamo resi conto, guardando i dati, che nel periodo 2007-2013 c’è stato un aumento statisticamente significativo delle procedure condotte su base negoziale, con affidamenti diretti, invece che con bandi di gara pubblici». Ignazio Marino non nasconde, riferendo del contenuto del nuovo dossier che ieri ha consegnato al presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, che non tutti i 120 appalti ritenuti «sospetti» dal pool di esperti messi al lavoro dall’attuale inquilino del Campidoglio sono da addebitare all’amministrazione del “nero” Gianni Alemanno, divenuto sindaco nel maggio 2008. D’altronde, se fossero confermate le ipotesi di accusa della procura di Roma, c’era anche Luca Odevaine, braccio destro del precedente sindaco Walter Veltroni, tra coloro che nel «Mondo di sopra» avrebbero intrattenuto rapporti con quello «di sotto».

In mezzo, coloro come Salvatore Buzzi, il presidente della Cooperativa “rossa” 29 giugno, che ieri, davanti ai giudici del tribunale del Riesame che dovranno decidere se confermare la sua detenzione in carcere come è avvenuto nei giorni scorsi per altri imputati dell’inchiesta «Mafia Capitale», ha dichiarato: «Non abbiamo commesso alcun illecito, io Carminati l’ho incontrato per la prima volta nel 2012». E da quell’anno l’ex Nar sarebbe diventato «dipendente della Cooperativa 29 Giugno».

A riprova che i rapporti tra loro non avevano «una matrice di natura illecita», il legale di Buzzi, l’avvocato Alessandro Diddi, ha depositato il contratto di assunzione di Massimo Carminati. Nella memoria difensiva, inoltre, Diddi cita un’informativa dei Ros che parla di appalti assegnati alla coop di Buzzi dall’11 maggio 1994. Solo che, anche secondo i carabinieri, con la giunta di Francesco Rutelli, da Roma Capitale e Ater Buzzi ottiene 11 appalti per un totale di 500 mila euro. Tra il 2003 e il 2006, durante la giunta Veltroni, Buzzi vince – secondo la memoria difensiva dell’imputato – 65 appalti, per ammontare di oltre 3 milioni e mezzo di euro. Ma il vero salto si registra sotto la guida del sindaco Gianni Alemanno, quando le coop riconducibili a Buzzi riescono ad ottenere quasi un centinaio di gare d’appalto per circa 8 milioni di euro.

E molto si dovrà ancora scavare «nell’area strategica del sociale, che è una delle aree principalmente oggetto dell’inchiesta», come ha detto il sindaco Marino che ha annunciato «nelle prossime ore» un «lavoro di affinamento rispetto al lungo e corposo elenco» già consegnato all’Autorità anticorruzione.

Tra Cantone e Marino c’è collaborazione stretta. Tira invece tutt’altra aria tra il prefetto Giuseppe Pecoraro e il partito del sindaco. Ieri, dopo l’ultima intervista in cui il prefetto di Roma parlava di ipotesi di «scioglimento del Comune» e del pericolo che «si possano ripetere questi fatti», il commissario del Pd romano Matteo Orfini è sbottato: «Il prefetto che fa più interviste e dichiarazioni di Salvini».

Una «propensione stucchevole», aggiunge il deputato Khalid Chaouki che ricorda come «Pecoraro venne nominato dal governo Berlusconi il 30 maggio 2008 Commissario delegato per il superamento dell’emergenza Rom per Roma e il Lazio. Una gestione secondo procedure d’emergenza, concordata con l’allora ministro dell’interno Maroni e il sindaco Alemanno, in deroga a tutte le procedure ordinarie e successivamente bocciata da una sentenza del Consiglio di Stato per “carenza dei presupposti di emergenza”».

«Immagino che il prefetto sappia molte cose ma forse non le può dire», ipotizza Marino. Ma per Chaouki, Pecoraro «farebbe bene a lavorare in silenzio nella sua importante opera di verifica interna al Campidoglio e magari anche a spiegarci come sia potuto accadere che durante la sua gestione siano potute verificarsi speculazioni milionarie gestite da bande criminali e mafiose ai danni della dignità di rom, rifugiati e tutti i cittadini romani». In serata, riferiscono fondi dem, tra Orfini e Pecoraro «cordiale» telefonata riparatoria.