La teoria del ministro Alfano, secondo la quale i prefetti hanno pieni poteri di cancellare i matrimoni omosessuali trascritti dai sindaci, scricchiola. Se ne è avuta la sensazione ieri durante il question time alla Camera. E forse non è un caso che il prefetto di Roma, Pecoraro, dopo aver studiato le carte, invece di passare ai fatti e applicare i diktat del capo del Nuovo centrodestra, ieri si è limitato a precisare: «Non ci sono tempi o termini. Io non ho dato nessun termine, ho solo pregato e invitato il sindaco Ignazio Marino ad annullare le trascrizioni» dei 16 matrimoni gay celebrati all’estero.

Durante l’interrogazione alla Camera, poi, il deputato Formisano del Centro Democratico, per esempio, ha sollevato il dubbio che la trascrizione di un matrimonio non abbia «natura provvedimentale, ma di pubblicità, come stabilito dalla legge 241/1990». Alfano ha replicato che il prefetto deve vigilare «sull’ordinata tenuta dei registri di stato civile», funzioni che «gli sono state assegnate, in maniera inequivocabile, dall’articolo 9 del dpr 396/2000». Per il ministro, il prefetto «esercita, in tale ambito, compiti di sovrintendenza nei confronti dei sindaci». Tanto più che il sindaco «è considerato nella sua veste di ufficiale di governo e dunque come organo di amministrazione indiretta dello Stato, non certo quale vertice dell’ente locale».

Intanto il presidente dei Giuristi per la vita, Gianfranco Amato, si difende dall’accusa, lanciata dal sottosegretario Scalfarotto, di aver messo sullo stesso piano, durante un dibattito nel liceo Cavour di Roma, il rapporto d’amore tra omosessuali a quello tra persone e animali. In una nota l’associazione riporta le «esatte parole» di Amato in quel dibattito: «Il sentimento non può essere il solo fattore da considerare per definire il matrimonio. Occorre, infatti, tener conto di altri aspetti, come la bipolarità sessuale, la finalità procreativa, quella educativa, ecc. Matrimonio e famiglia sono concetti che non possono essere oggetto di manipolazione giuridica. Se, infatti, si lasciasse decidere al Parlamento cosa è un matrimonio o una famiglia e si utilizzasse il solo criterio del sentimento, allora si potrebbe arrivare al paradosso di definire matrimonio come l’unione di 5 donne legate tra loro da un rapporto di reciproco amore, o di tre donne e tre uomini, o addirittura di un uomo e un cane, se si tiene conto dell’elemento affettivo che lega gli uomini agli animali».