Sono migliaia le lettere sul Ddl Scuola inviate dai docenti italiani in risposta alla mail inviata dal presidente del Consiglio Renzi da un mittente che è tutto un programma: «no-reply». Un fatto sociale inedito che per Giovanni Accardo – insegnante al liceo Pascoli di Bolzano e autore di «Un’Altra scuola» (Ediesse) – è l’espressione di un’inquietudine crescente e da una situazione professionale che sarà ancora precarizzata dalla riforma.

19pol1 intervista giovanni accardo
«La nostra solitudine si è rafforzata in questi anni – afferma – Veniamo attaccati, denigrati, svalutati da chi dovrebbe prendersi cura degli insegnanti. Due anni fa l’ex ministro dell’Istruzione Profumo ci disse che avremmo dovuto lavorare 24 ore a settimana a parità di stipendio. Queste sono aggressioni al nostro lavoro che ci fanno sentire incompresi e assediati. Senza contare che ci vogliono contrapporre ai genitori. Siamo molto più capiti dagli studenti, come racconto nel libro. Loro vedono il nostro impegno quotidiano. Dovrebbero essere gli unici a poterci valutare.

Qual è l’elemento del Ddl che inquieta di più un insegnante?
Il rischio di una costante precarizzazione del suo lavoro. Prendiamo gli albi territoriali: ci espongono ad un’ulteriore fragilità. Sembra che non si voglia mai farci arrivare ad una sicurezza. Accanto alla paura che si ha per se stessi, c’è una legittima preoccupazione per la qualità di una professione minacciata.

Come inciderà la riforma su questa condizione?
Esaspererà l’insicurezza esistente. Non si sa come tecnicamente funzioneranno gli albi territoriali, come i presidi sceglieranno i cosiddetti «migliori». Mettiamo che domani ci siano cinque presidi interessati al curriculum di un insegnante. Chi e come sarà scelto?

Forse dai presidi delle scuole classificate ai primi posti della valutazione?
Appunto. Si sta creando un meccanismo complicatissimo. Si chiede agli insegnanti meno burocrazia e più efficiente, ma si crea una burocrazia intricatissima.

Nel libro c’è una lettera di critica al sistema di valutazione concepito a partire dai quiz Invalsi. A cosa servono queste prove?
Sono una misurazione degli apprendimenti degli studenti e sono diventate una valutazione della didattica. Quasi tutti i manuali e le antologie di italiano per la scuola sono costruiti per allenare i ragazzi a superare gli Invalsi. Il test non è la misurazione finale di un processo ma è esso stesso un processo. Per di più viene considerato come una valutazione della scuola e del lavoro degli insegnanti.

Che bisogna c’è di sottoporre bambini di sette anni a queste prove?
Questo ci sfugge. A meno che non si voglia educare i ragazzi alla competizione nella vita. A scuola serve la cooperazione, non la competizione. Dobbiamo educare i ragazzi a fare i gruppo, così come dovremmo fare gruppo anche noi insegnanti. La scuola non è un’azienda, non produce una merce che va sul mercato. La scuola è il sapere e la formazione di cittadini consapevoli e responsabili. A me sembra che l’ostilità degli insegnanti, e la crescente opposizione a questa idea di scuola, derivino dall’assoluta estraneità di questi test rispetto al nostro lavoro quotidiano.

La ministra Giannini sostiene che l’opposizione al Ddl non sia dei docenti, o degli studenti, ma dei sindacati che difendono il loro potere corporativo nella scuola. È d’accordo?
È una lettura offensiva. Non siamo burattini in mano di nessuno. Chiediamo di ascoltare la scuola e un ministro dell’Istruzione dovrebbe ascoltarla veramente. Per il lavoro che fanno, gli insegnanti sono informati. Se criticano la riforma, lo fanno in maniera consapevole. Abbiamo tenuto assemblee e incontri dove abbiamo discusso a fondo il Ddl. Se poi decidono di scioperare, rinunciano a circa 100 euro di stipendio.

Il governo tirerà dritto.
E così non farà altro che esasperare il conflitto. Dice che vuole ascoltare, ma mette in votazione la legge. Questa è una presa in giro.

Renzi dice che siete stati ascoltati nella consultazione sulla «Buona Scuola».
A me non sembra che ci sia stata una discussione. Basta andare sui social. Non si troverà un insegnante che abbia parole favorevole per la riforma. Emerge solo tanta preoccupazione.

Farà sciopero durante gli scrutini?
Vorrei confrontarmi con i colleghi. Non sono decisioni da prendere in solitudine, bisogna parlarne e decidere insieme. Sono scelte delicate e noi siamo responsabili.