La proposta delle opposizioni che stamattina dovrebbe essere fatta in aula dal dissidente Pd Vannino Chiti – rimandare il sì finale al nuovo senato a settembre, ma comunque approvare entro l’8 agosto le parti più importanti – ieri pomeriggio circolava nei capannelli dei ’dissidenti’, nel transatlantico del senato. È il senatore di lungo corso Chiti a far arrivare la proposta al governo, che per una volta presta ascolto e dà segnali positivi.
Ma certo la protagonista del cambio di clima in aula, se mai sarà, sarà Sel: che con i suoi oltre 6mila emendamenti ostruzionistici ha gli strumenti per bloccarre l’aula. E Sel non si fida. Oggi riunirà i suoi parlamentari per una valutazione di quello che succederà in aula. «Il governo persiste a non entrare nel merito delle nostre proposte. Ma se non si dimostra sordo all’obiezione di metodo, potrebbe essere un passo avanti», ragiona il senatore Peppe De Cristofaro. «Se il governo rinuncia a considerare l’8 agosto come la dead line per l’approvazione del senato, e cioè nei fatti rinuncia alla tagliola, si può prendere in cosiderazione il ritiro degli emendamenti ostruzionistici, che del resto per noi sono stati la legittima difesa verso un governo che non voleva discutere». Questo non significa affatto, spiega il senatore, che Sel rinuncerà alla battaglia di merito: «Daremo battaglia in aula e pensiamo anche di ottenere risultati. A partire dal primo voto segreto». E dall’idea di «un senato elettivo». Che però per Renzi è un dogma: saltata l’elezione di secondo grado, salterebbe l’idea dei senatori senza stipendio. Eppure se il governo vuole fare un gesto di «buona volontà» i temi su cui si possono trovare convergenze ci sono: la riduzione del numero dei deputati, l’immunità, le garanzie per l’elezione del presidente della Repubblica e dei membri del Csm e della Consulta, più tutta la partita della «democrazia diretta», ovvero diminuzione delle firme per i referendum abrogativi e leggi di iniziativa popolare.
Un passo avanti nel metodo potrebbe diventare « qualche passoavanti nel merito. Se si tratta di un semplice slittamento di tempo invece non cambia molto», spiega De Cristofaro. «Se invece il governo dovesse rinunciare a prendere in considerazione questa proposta, e tenere fissa la data dell’8 agosto, resterebbero tutte le ragioni dell’ostruzionismo». E gli emendamenti resterebbero 6mila.
Lo slittamento a settembre sarebbe comunque nelle cose. E con settembre potrebbe arrivare anche la discussione, in commissione, dell’Italicum. Un cardine non della «svolta autoritaria, parola che non non usiamo», ma del «danno per gli spazi di democrazia. Il nostro ragionamento è: nel tempo della crisi delle forme della rappresentanza politica, bisogna favorire le forme di partecipazione. E invece il nuovo senato e la nuova camera che nasce dall’Italicum sono un danno per la democrazia»