È il candidato, ma anche la disgrazia del partito democratico. Vincenzo De Luca terrorizza gli ultimi giorni di campagna elettorale di Matteo Renzi, che si guarda bene dal tornare in Campania dopo la veloce tappa della settimana scorsa nella periferia di Salerno. Eppure proprio la sfida campana è quella più in bilico. In corsa per la guida della regione malgrado la condanna (in primo grado, per abuso d’ufficio), De Luca è sprofondato un altro po’ nei guai dopo che la Cassazione ha tolto ai tribunali amministrativi la competenza sull’applicazione della legge Severino. Significa che, in caso di vittoria, il front man del Pd sarà inevitabilmente sospeso dall’incarico (lo sarà comunque, anche da semplice consigliere). Ma non sarà più il Tar a poterlo reinsediare immediatamente, sospendendo la sospensione nel giro di pochi giorni, com’è accaduto a De Magistris per il mandato di sindaco a Napoli e allo stesso De Luca a Salerno. Il risultato di questo braccio di ferro tra il candidato e la legge Severino è che la regione rischia di trovarsi senza presidente. A meno che, come ha assicurato ieri mattina De Luca, il governo non arrivi in soccorso: «Renzi ha chiaramente definito la Severino un problema superabile».

Che il rispetto di una legge, scritta male quanto si vuole ma voluta dal Pd più di altri, possa essere definito «un problema superabile» dev’essere apparso un po’ forte anche al Nazareno. Ufficialmente Renzi non è andato oltre la petizione di principio – «il Pd è legalità» – peraltro già smentita dalle liste collegate al candidato campano. Ma a De Luca dev’essere arrivato l’invito a correggere. Così in serata se n’è uscito con una dichiarazione diversa: «Bene ha fatto il Governo a rimanere fuori dalle vicende riguardanti l’applicazione della legge Severino». Vera, anche questa, solo a metà, visto che più di un ministro nei mesi scorsi aveva detto di confidare in una messa a punto della legge, magari da parte della Corte costituzionale. La prospettiva della Consulta non è caduta del tutto dopo la sentenza della Cassazione, ma si è allontanata assai (ben oltre l’udienza che era in calendario a ottobre). E ieri, nel corso di un imbarazzante giro elettorale a Napoli, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini ha detto che «più avanti la politica dovrà riflettere sulla Severino».

La riflessione è prevedibile. Il Pd proverà a cambiare la legge che ha in Silvio Berlusconi decaduto da senatore la sua «vittima» eccellente (a proposito: contro la Severino il capo di Forza Italia si è rivolto alla Corte di Strasburgo che potrebbe battere un colpo entro la fine dell’anno). Mossa che comporta qualche rischio, ma ha già il via libera dell’autorità anticorruzione. Secondo Raffaele Cantone gli amministratori sono troppo facilmente esposti alla sospensione dopo una condanna in primo grado per un reato in cui è assai facile incappare, come quello tipico dell’abuso d’ufficio. È proprio il caso di Vincenzo De Luca, che dunque può sperare in un intervento che in altri tempi si sarebbe definito «ad personam». Ma non basta.

Non basta perché il candidato presidente ha un problema più urgente. Se la procedura per la sospensione prevista dalla Severino funzionasse alla perfezione, potrebbe non avere il tempo (in caso di vittoria) di prendere possesso dell’incarico. E così la regione non eviterebbe commissariamento e nuove elezioni. La soluzione, per il «velocista» Renzi, sarà quella di rallentare il ritmo. «De Luca è eleggibile e insediabile», ha detto ancora Guerini, anticipando le contromisure del governo. Occhio quindi al calendario. Dal giorno della proclamazione degli eletti, statuto della Campania alla mano De Luca impiegherà al massimo 30 giorni per nominare la sua giunta e il vicepresidente. Nel frattempo il tribunale di Salerno farà partire l’iter previsto dall’articolo 8 della legge Severino e attraverso il prefetto e il ministro dell’interno porterà inevitabilmente il presidente del Consiglio a decretare la sospensione del neo presidente. I casi dell’ex presidente della regione Calabria Scopelliti e del consigliere regionale pugliese Amati dimostrano che questa procedura richiede oltre un mese. E anche se, in questo caso, il tribunale e il prefetto accelerassero (del resto la condizione di condannato di De Luca è già nota), il governo potrebbe rallentare, dando il tempo a De Luca di nominare il vicepresidente. Cioè colui che guiderà la giunta durante la sospensione. Figura ancora ignota, a tre giorni dal voto.