Un’idea è solo un’idea. Ma se funziona può diventare contagiosa. Altrimenti va bene lo stesso, perché da qualche parte qualcuno dovrà pur cominciare a fare qualcosa. Non si tratta di baloccarsi su facebook con una performance ben riuscita, l’obiettivo questa volta è dare voce e corpo a tutti coloro che non riescono a concepire lo straccio di un’azione di fronte alla tragedia epocale con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. Non basterà nemmeno un passaggio in diretta su Rai1 dal prestigioso parterre della mostra del cinema di Venezia.

L’hanno chiamata La Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi: chi ha deciso di stare con i migranti che cercano disperatamente l’Europa il prossimo 11 settembre sfilerà «fino al cuore» della mostra. In eurovisione. Senza scarpe. Non è una protesta, è la manifestazione di una esigenza che non trova sbocchi. Ne parliamo con Andrea Segre, regista e autore che spesso ha lavorato sul tema delle migrazioni. Anche lui presenta un film a Venezia, ma non vuole parlarne.

Come le è venuto in mente?

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Direi banalmente. In questo periodo sono stato in Veneto, per tutta l’estate ho letto le notizie drammatiche dei naufragi nel Mediterraneo, ne ho parlato con i migranti, con i profughi che frequento e anche con diverse persone che con grande difficoltà stanno cercando di preparare l’accoglienza. Queste persone si sentono soffocate da un clima di paura alimentato dai media, ovunque crescono fantomatici comitati per il “no”, questa situazione provoca molta frustrazione a chi lavora nei territori. Chi sta con i migranti non riesce ad alzare la testa, non ha voce, ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale eppure non si riesce a impostare un discorso che non sia di contrapposizione tra chi è favorevole o contrario all’accoglienza. Non è questo il punto. Ho pensato a un gesto semplice con una simbologia chiara ed efficace, camminare scalzi di fronte a una platea importante e internazionale come quella dei festival del cinema. Si tratta di un piccolo gesto da fare insieme con i migranti e i profughi, non cammineranno solo gli uomini di spettacolo che hanno aderito all’iniziativa. Ci saranno anche uomini di chiesa, associazioni laiche e tutte le persone che aderiranno. Si stanno preparando marce in altre città.

Come si svolgerà concretamente? Avete intenzione di rompere l’atmosfera un po’ paludata della mostra con un gesto eclatante?

Vedremo cosa succederà e quanti saremo, ma sicuramente non è un atto di protesta contro il festival. Anzi, ci piacerebbe che la Mostra del Cinema accogliesse e facesse proprio il significato di questa manifestazione. Ci ritroveremo al Lido, ci toglieremo le scarpe e marceremo fino al cuore della mostra. Un gesto semplice. I protagonisti veri saranno i migranti. Non vorrei che questa iniziativa fosse scambiata per un’azione simbolica, è un momento di incontro per dare visibilità alle persone che stanno lottando in un momento così delicato per la storia d’Europa.

Ci sono nomi “importanti” che hanno già aderito?

Le adesioni continuano. Ha appena aderito anche Fiorella Mannoia. Mi viene in mente Marco Bellocchio, il suo è un gesto importante perché ha un film in concorso e non sono molti gli artisti che si espongono in questo modo. Ma anche Toni Servillo, un grande attore che non è abituato a manifestazioni di questo tipo. Ci saranno anche diversi esponenti del mondo della cultura e del giornalismo. Faremo il punto domenica prossima alla “cena per tutti” organizzata a Padova da don Albino Bizzotto.

Sono anni che chi sta dalla parte degli “uomini scalzi” si trova di fronte a una situazione che precipita di giorno in giorno, ormai centinaia di persone annegano nell’indifferenza generale. Perché la sinistra non riesce ad organizzare lo straccio di una mobilitazione? Scrivere, girare film, fare convegni, tutto giusto, ma non basta più.

Questa decisione di organizzare un’azione in qualche modo fisica alla mostra del cinema è certamente una risposta molto parziale per replicare ai drammi di questo movimento migratorio epocale, ma sono convinto che sia importante dare forza, visibilità e prospettive a tutti coloro che nei territori si sentono schiacciati da questa retorica dell’invasione e della paura. Anche con un piccolo gesto. Certo le mobilitazioni oggi andrebbero fatte a Calais, a Ventimiglia, al Brennero. Mi auguro che la riuscita di questa marcia possa far scoccare qualche scintilla per ripartire con più forza. La frustrazione c’è, è evidente. Anche le produzioni artistiche impegnate di questi ultimi anni non sono riuscite a diventare discorso politico e a mobilitare le coscienze, questo è vero. Penso ai miei film e a un lavoro bellissimo come Io sto con la sposa, grande successo di pubblico e di critica ma nulla di più. Forse per la cultura e per il cinema è arrivato il momento di togliersi le scarpe e cominciare a camminare.