Il ’day after’ la «fuoriuscita» (copyright Gennaro Migliore) di quattro deputati dal gruppo di Montecitorio di Sel è il giorno del bilancio delle macerie. La convinzione diffusa è che il terremoto non sia finito. Ileana Piazzoni, una dei quattro (gli altri sono appunto Migliore, Fava e Titti Di Salvo), prevede per la prossima settimana nuove uscite scaglionate. Perché, spiega, «nel week end si terranno le assemblee dei territori». Oggi tocca all’Abruzzo, dove Gianni Melilla riunirà i suoi compagni.

Lunedì a Roma altrettanto farà il senatore Massimo Cervellini. Ma è così dappertutto. Dai territori arrivano notizie contrastanti. Da Roma il coordinatore Giancarlo Torricelli, solidamente schierato con chi resta, riferisce che «il sentimento diffuso è considerare quanto avvenuto una manovra di palazzo». Tutt’altre atmosfere sono quelle raccontate da Michele Piras, deputato di Cagliari: «Deciderò insieme agli altri, nella mia terra, cosa fare. Ma fin qui è stata sconcertante la gestione del confronto politico in Sel. Ne porta la responsabilità innanzitutto il presidente e il coordinatore», ovvero Vendola e Fratoianni. Stefano Quaranta, di Genova, anche lui in forse, aspetta la direzione di lunedì. Poi riunirà i liguri. I nomi si rincorrono, i cellulari sono staccati. Mancano all’appello altri quattro, forse cinque. Altri restano, ma solo «per ora».
Lo «scaglionamento» delle fuoriuscite, lo stillicidio, il «sellicidio», ha anche l’obiettivo di tenere sulla graticola chi resta. Mercoledì la direzione «tirerà le somme di quello che succede», spiega Nicola Fratoianni. Prima, lunedì o al massimo martedì, il gruppo della camera si riunisce per indicare un nuovo presidente. La scelta potrebbe cadere nell’area dei ’dialoganti’. Le voci che circolano indicano Francesco Ferrara, uomo di dialogo, coordinatore prima di Fratoianni, che mercoledì scorso non era presente al voto sul decreto Irpef ma aveva comunque segnalato il suo orientamento per il sì.
Intanto i ’quattro per ora’ cominciano a darsi una road map. L’oggetto dell’incompatibilità con il partito di Vendola è stato la determinazione a stringere i bulloni con il Pd e con il governo. Dal quale arrivano segnali sempre più incoraggianti. Prima Lorenzo Guerini, che ha tenuto un rapporto diretto con Migliore, poi il premier in persona hanno annunciato «porte aperte». Ieri è stata la volta dell’altra vice del segretario-premier, Debora Serracchiani: «Non entro in dinamiche che appartengono ad altri partiti, posso però dire che credo che ci sia una diffusa attenzione verso le riforme. Confido che questa consapevolezza che ormai è dei cittadini italiani, visto il 40,8%, diventi anche un patrimonio comune di chi in questo momento siede in Parlamento, a prescindere dal gruppo di appartenenza». Se questo non è ’scouting’ certo è un invito.
Sul fronte parlamentare si segnala l’attivismo dei fuoriusciti verso i socialisti di Riccardo Nencini, viceministro di Lupi. Nella serata di giovedì, dopo il voto sull’Irpef, Migliore ha incontrato il capogruppo della componente Psi del misto, Marco Di Lello, in un corridoio riservato della camera (chiamato per questo Corea). I ’quattro’ siederanno nel misto, ma puntano a costruire un gruppo autonomo con un riferimento al Pse, con i socialisti e persino qualche ex montiano. In Sel già è irona: «fare la fine di Nencini» in quel partito è l’espressione di moda per indicare lo spauracchio dell’irrilevanza. Fatto sta che lo stesso giovedì Di Lello e Nencini sono stati avvistati al Nazareno, dove lavora Guerini.
La coincidenza è che intanto circola la voce di un mini-rimpasto di governo. Il ministro Lupi, unico eletto alle europee di un Ndc scarso di voti, potrebbe decidere di andare a Bruxelles e lasciare libera la casella dei trasporti. Nencini lo sostituirebbe. L’«irrilevanza» degli alfaniani, come la chiama Migliore, potrebbe essere sancita da un dimagrimento della loro pattuglia ministeriale:pretesto buono per un ingresso stabile dei fuoriusciti di Sel nell’area della maggioranza. Non un ingresso direttamente nel governo: Migliore lo esclude, «in questo momento non sarei nella posizione di accettare nulla», dichiara al programma radiofonico Un giorno da pecora. Non nega di puntare invece alle eventuali nuove primarie di Napoli, dove il sindaco De Magistris traballa da tempo.
Nel frattempo Nichi Vendola conta i feriti e inasprisce i toni. È «un grave errore» quello dei quattro,«capisco il fascino della narrazione forte di Renzi però la sinistra non deve mai portare il proprio cervello all’ammasso», «non posso tenere con la forza accanto a me chi vuole correre sul carro del vincitore», ma «quello che io non contemplo nella lotta politica è la resa: chi pensa che oggi Sel debba squagliarsi e diventare una componente del governo, della maggioranza di governo o del Pd, ha la bandiera della resa in testa». La risposta di Titti Di Salvo: «Sel ha scelto un ruolo di opposizione al centrosinistra. Penso che debba recuperare la ragione della sua esistenza: mettersi al servizio del paese e non dello sventolamento di belle bandiere».