Il primo conto è da 7 miliardi di euro. Questa è la cifra che l’Italia ha comunicato a Bruxelles per i danni subiti con il terremoto di agosto, quello che ha demolito Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto. Per le botte di ottobre, quando a crollare è stato il maceratese e parte dell’Umbria, le stime sono in via di definizione. L’obiettivo del governo italiano è di far rientrare il tutto nel Fondo Ue di solidarietà.

 

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L’Ue per ora non si sbilancia e aspetta di vedere tutte le carte. La trattativa sul punto, comunque, era partita in salita, con Bruxelles che aveva opposto un secco rifiuto all’idea di Renzi di far rientrare nel calderone del terremoto anche il Piano Casa. Per Bruxelles non si trattatava di qualcosa «direttamente legato all’emergenza». Il governo italiano adesso mira anche a ottenere uno 0.2% disconto di Pil per le spese di medio periodo, visto che l’emergenza verrà considerata interamente al di fuori del patto di stabilità.

Nel decreto varato dal governo, poi, c’è un altro punto che desta qualche perplessità tra i burocrati di Bruxelles, cioè la sospensione delle tasse locali nella zona del cratere (129 comuni tra Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo).

Secondo l’Ue questa mossa «ha un impatto molto incerto, perché dipendente dal comportamento dei cittadini» e se è possibile che possa portare «a un aumento della domanda nel breve periodo» sarebbe dubbio che «possa contribuire ad aumentare la crescita potenziale». Insomma, quello che si contesta, al di là della nota impostazione rigorista, è la vaghezza delle proposte italiane. È questo il motivo per cui la Commissione ha deciso di prendersi due mesi di tempo prima di dare un parere definitivo. Per Renzi, concentrato sul Referendum del 4 dicembre, è un mezzo sospiro di sollievo.