«La cultura dell’intolleranza è incompatibile con il progetto politico che insieme stiamo animando». Annunciato ufficialmente il congresso di sinistra italiana – sarà a Rimini dal 17 al 19 febbraio – partono ufficialmente anche le prime polemiche. Sedici parlamentari ex Sel – la metà del gruppo, composto di 31 – scrivono ai colleghi e al comitato promotore e chiedono di abbassare i toni del confronto interno. L’appello pone un tema delicato, quello di riconoscere «sotto e oltre le differenze di posizioni un nucleo condiviso di umanità e dignità, che nessuno tra noi può scalfire, deridere». Il riferimento è all’aria di scontro ruvido che da tempo si respira fra area radicale del ’mai con il Pd’, capitanata da Fratoianni e Fassina, e area possibilista di Smeriglio e Ferrara che conserva un’idea di coalizione, peraltro idea fin qui solo teorica visto che non è chiaro né l’esito della legge elettorale né quello del rilancio di Renzi all’interno Pd in corso in queste stesse ore.

C’è un riferimento ad un episodio concreto. Nei giorni scorsi un deputato ha definito l’ex sindaco Pisapia come animatore del «partito dei maggiordomi». Parlava a nuora perché suocera intendesse. È noto che un pezzo di Sinistra italiana continua a mantenere un dialogo con l’ex sindaco. Un dialogo anche pubblico: domani a Lecce, nella Puglia di Vendola, all’appuntamento di Campo Progressista ci saranno lo stesso Pisapia, il senatore leccese Dario Stefàno, il sindaco di Cagliari Zedda. Ma anche il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio: quest’ultimo, dei tre, è l’unico transitato nel nuovo partito. E deciso a confrontarsi al congresso fino all’ultimo voto. Ma tira un’ariaccia, appunto. «In questi giorni», scrivono i sedici deputati, «abbiamo letto in rete espressioni e toni totalmente estranei a questa cultura politica», «considerare qualcuno di noi come “maggiordomo” di Renzi instilla l’idea che chi dissente o avanza dubbi rispetto a una delle linee in campo oggi nel nostro dibattito meriti lo stigma, di essere esposto al pubblico ludibrio». C’è anche la richiesta esplicita – tristemente speculare a quanto accade nel Pd – «di cambiare linea o di andarsene» nei confronti di quelli che considerano essenziale «interloquire con tutte le forze e le personalità dell’area progressista interessate a voltare pagina rispetto alle politiche sbagliate e fallimentari del renzismo e a costruire un nuovo progetto di governo del paese». La conclusione è la proposta di un «patto»: «Invertiamo la rotta, torniamo a rispettarci e ad ascoltarci. È la precondizione perché Sinistra Italiana abbia un futuro». A firmare sono i deputati di quest’area: Bordo, D’Attorre, Duranti, Ferrara, Fava, Folino, Kronbichler, Martelli, Melilla, Nicchi, Piras, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti e il capogruppo Arturo Scotto.

Il contesto è noto, almeno ai militanti. Pisapia tenta di organizzare la sinistra a sinistra del Pd, ma la goffaggine e l’intempestività delle sue prime uscite gli hanno consigliato di rallentare. Anche perché Renzi, affaccendato a capire il suo futuro, latita. Fuori dall’orbita del Pd Civati propone una Costituente per il programma. Si sarà della partita? Sì, secondo i pronostici.

Invece sull’area dei sedici deputati ex Sel – si chiama Alternative – fin qui gravava il sospetto di preparare una scissione per confluire nella teorica formazione di Pisapia in vista delle eventuali e altrettanto teoriche primarie del centrosinistra. Invece, a dispetto dei boatos, Alternative si prepara a congresso. E si dà da fare. Fin qui le tessere del nuovo partito sono meno di cinquemila. Il termine per l’iscrizione è il 28 gennaio. Ma da qualche settimana qualcosa si muove. Nel Lazio, ma non solo. C’è chi teme le truppe cammellate e corre ai ripari. È probabile che alla fine il tesseramento si attesterà sugli 8mila militanti, comunque un tonfo rispetto alla sola Sel che nel 2013 dichiarava 35mila iscritti. Certo, un’era politica diversa.

L’attivismo delle opposte aree potrebbe fornire un po’ di adrenalina al confronto congressuale fin qui incanalato su binari prevedibili. I candidati al momento ufficialmente non ci sono. I loro nomi saranno proposti all’apertura del congresso da almeno un decimo dei delegati. È certa, benché mai confermata, la corsa di Nicola Fratoianni, ex coordinatore di Sel, favorito. E benedetto da Nichi Vendola di cui è collaboratore dai vecchi tempi della Rifondazione; è stato anche assessore della sua giunta in Puglia. Al suo fianco c’è Stefano Fassina, ex Pd – che oggi vede come fumo negli occhi – pronto a dare battaglia per inserire nel programma il superamento dell’euro.
Dall’altra parte invece non è ancora certa la sfida del trentenne Marco Furfaro, capofila della nuova generazione, attivo nelle battaglie per i diritti e per il reddito di cittadinanza. Il «patto» per un clima interno diverso potrebbe convicerlo. Ma soprattutto il tempo: quello che c’è, se c’è, per costruire una forza ambiziosa. Prima di scommettersi l’osso del collo alle elezioni politiche.