Riss, nuovo direttore di Charlie Hebdo, settimanale satirico solito sostare nella provocazione, a volte con successo altre no, rischiando l’offesa pura, ha disegnato una vignetta che ha creato un’ondata internazionale di indignazione. La vignetta mostra, in un angolo, il corpo inanimato del piccolo Alyan: il bambino siriano annegato lo scorso Settembre vicino alle coste turche. In alto campeggia la domanda: «Cosa sarebbe diventato il piccolo Alyan se fosse cresciuto?». La vignetta, raffigurante Alyan uomo adulto con la faccia di maiale che rincorre una donna, reca in basso la risposta: «Palpeggiatore di natiche in Germania».

La vignetta per alcuni è un’istigazione all’odio razziale, altri la giudicano irrispettosa, cinica, disgustosa. Quando morì Alyan, Riss disegnò Cristo che camminava sulle acque mentre il bambino annegava. La didascalia: «La prova che l’Europa è cristiana: i cristiani camminano sulle acque, i bambini musulmani affondano». Sarebbe bastato questo precedente per far capire che la satira spietata, senza sconti per nessuno, di Riss, abbia come suo obiettivo il razzismo. Non tanto il razzismo spudorato, esplicito degli sciacalli che vagano in branchi per le strade d’Europa, quanto, piuttosto, quello inconsapevole, ammantato di ipocrisia, di noi tutti.

Il primo, istintivo, bersaglio, è la falsa credenza che i bambini siano innocenti, privi di desideri erotici violenti e di emozioni aggressive. In realtà ciò che li differenzia davvero dagli adulti, è la loro minore capacità di recare danno e il fatto che non sono ancora corrotti dal calcolo, ragion per cui si aprono alla vita con maggiore curiosità, generosità e gusto del rischio.

La santificazione dei bambini migranti morti è insidiosa: sposta nella pietà nei loro confronti i sentimenti di compassione dovuti ai migranti adulti, che, non godendo del privilegio dell’innocenza, possono essere oggetto di reazioni di rigetto globale, che fa di ogni erba un fascio, alla prima occasione disponibile.

Il bersaglio più specifico di Riss, è proprio la separazione tra il bambino buono e l’adulto cattivo. Dietro questa separazione si nasconde il fantasma collettivo della madre virginale amata da un bambino angelico, mai destinato a diventare uomo, se non per sacrificare sulla croce (rappresentazione del corpo materno) il proprio compimento virile. Nel supposto «sfregio alla donna bianca», compiuto da un gruppo di musulmani arrabbiati e ubriachi a Colonia, fa la sua apparizione l’attacco, misto di desiderio e odio, a una madre lontana, inaccessibile.

Nelle reazioni di sdegno dei tanti occidentali, che pensano di agire in difesa delle donne, è presente lo stesso tipo di attacco alla madre oggetto sacro che scoraggia il suo investimento erotico, ma proiettato sul saraceno invasore, stupratore di donne e uccisore di bambini. Bella convenienza avere a portata di mano un «uomo nero» pronto all’uso.

Chi compie atti di violenza contro le donne deve essere sanzionato secondo legge, come autore di un delitto grave e intollerabile.

Questa è la condizione necessaria di ogni processo di incontro e di assimilazione/integrazione reciproca tra culture diverse, perché senza il rispetto della libertà (prima del tutto erotica) della donna, un incontro profondo è impossibile. È, quindi, un bene per tutti la saggezza delle donne che diffidano di chi è più lesto a proteggerle dallo «straniero» che dagli «incidenti domestici».

Difendono il loro diritto di disporre pienamente del loro corpo, non permettono che si trasformi nella bambola di porcellana dell’uomo: oggetto da ammirare e, incidentalmente, rompere.