Dopo le terribile turbolenze dei giorni scorsi, anche ieri per Shanghai giornata di chiusura negativa, benché più attenuata rispetto alle giornate precedenti (-1,3). Anche le borse mondiali soffrono ma sembrano ormai in grado di attenuare lo scossone cinese, una volta esaurito il fattore sorpresa.

Nel frattempo sembra arrivata già l’ora dei primi bilanci. Come riportato dalla stampa internazionale, «le azioni delle autorità cinesi segnalano la crescente preoccupazione per il declino del mercato azionario e l’indebolimento dell’economia del paese. Ma questo tipo di mosse non sono proprio quello che il Fmi intende quando chiede alla Cina di passare dalla concezione di un mercato impostato solo sull’esportazione ad una più complessa economia di mercato alimentata dai consumatori». Un passaggio che la dirigenza ha ben presente ma che finisce per scontrarsi con resistenze non da poco all’interno del Partito.

Ieri intanto è tornato a parlare Li Keqiang (ritenuto da alcuni media il potenziale capro espiatorio, benché questa sia solo una voce senza alcuna conferma da Pechino) che ha parlato di economia, sostenendo che la Cina è completamente equipaggiata per fronteggiare la volatilità dei mercati e le difficoltà globali. Come ammesso da molti osservatori e analisti, infatti, la unova preoccupazione maturata sulle condizioni economiche della Cina, sono arrivate in un momento non certo felice per l’economia mondiale. Sulla Cina si è espresso anche il ministro italiano dell’economia Padoan.

«Non ci dovremmo spaventare se la Cina crescerà di meno, ma dovremo spaventarci se crescerà meno del previsto perché un grande mercato del quale l’Italia, paese di grande capacità competitiva, può approfittare», ha specificato il ministro al Meeting di Rimini. La frenata di Pechino, riconosce il ministro, «era attesa e in attuazione» ma se la «la Cina dovesse rallentare ulterioremente dovremo chiedere all’Europa di fare di più».