Proseguono a pieno regime sul versante ucraino gli scavi di trincee, camminamenti e fossati anticarro lungo le centinaia di chilometri della frontiera con la Russia, un vero e proprio vallo, benedetto lo scorso settembre dal premier ucraino Arsenij Jatsenjuk, che lo aveva battezzato «la muraglia». Il capo del Servizio di confine Viktor Nazarenko ha dichiarato ieri che «il confine ucraino-russo è al momento forte di 135 km di fossati e oltre 86 chilometri di ostacoli artificiali.

«Ho studiato il muro tra Stati Uniti e Messico» ha detto Nazarenko (dimenticando di aggiungere che l’intera frontiera con la Russia supera di molto i mille chilometri) «ma ogni giorno lo attraversano 200-300 persone. Il nostro deve essere un complesso di strutture di ingegneria: la prima linea di difesa del nostro paese».

Ma, a parte i finanziamenti, che Kiev spera, come al solito, di trovare a Bruxelles, un settore di circa 400 chilometri rimane scoperto e passa, per l’appunto, lungo le regioni di Donetsk e Lugansk, dove si continua a combattere e a morire. Anche con l’aiuto occidentale: è atterrato ieri a Kiev il primo aereo con aiuti militari canadesi per l’Ucraina.

Pur se tali forniture non comprendono armamenti, le forze ucraine continuano i loro attacchi al sudest del paese. Ieri è stata nuovamente bombardata Gorlovka, a nordest di Donetsk. Si ha notizia di un morto e tre feriti, tra cui due bambini. Un morto anche a Lugansk. E

Kiev ha deciso di interrompere l’erogazione di energia elettrica alle miniere e chiudere 252 enti governativi e imprese pubbliche di gestione dei servizi nei territori di Donetsk e Lugansk.

Da parte sua, il governo della Repubblica di Donetsk ha chiesto alla Russia che si faccia promotrice della convocazione del Consiglio di sicurezza Onu sulla questione del blocco economico totale del Donbass, decretato da Pëtr Poroshenko e ha chiesto direttamente all’Onu l’invio di un contingente misto russo-europeo che, oltre alle funzioni di osservazione dell’Osce, sia in grado di garantire il rispetto del cessate il fuoco.

Ancora ieri l’altro, infatti, le vittime dei bombardamenti dell’esercito erano state 13 – tra esse, anche alcuni miliziani – colpite dai tiri dei razzi Uragan. Ma è tutta la settimana che le batterie Grad stanno mostrando un particolare accanimento sui quartieri civili delle città.

È questo il modo con cui i governativi hanno salutato l’arrivo a Kiev, mercoledì scorso, del comandante in capo delle truppe Nato in Europa Philip Breedlove, per discutere l’appoggio Usa all’Ucraina e le «riforme da apportare al settore della difesa».

Ci si interroga se le frequenti visite a Kiev di esponenti Usa e Nato non preludano a una guerra su vasta scala nel Donbass: «Obiettivo primario della Nato», scrive il sito alternativo americano ICH, è quello di «trasformare l’Ucraina in una gigantesca base militare Usa» e in una «nuova colonia» tedesca, che rifornisca Berlino di materie prime e serva da mercato di sbocco all’industria germanica.

Intanto alla Rada, dopo il decisivo intervento in loco del vicepresidente Usa Joe Biden per mettere d’accordo i partiti di destra sulla coalizione governativa, ieri l’altro i neoeletti deputati hanno recitato in coro il giuramento, diretti dallo speaker Aleksandr Turcinov (che sembra destinato a diventare Ministro della Difesa) mentre il leader di Pravyj sektor, Dmitrij Jarosh, insieme al comandante del battaglione «Dnepr-1», Juri Bereza – due dei tanti ultranazionalisti riciclatisi deputati – hanno presentato il loro primo progetto di legge. Non poteva che riguardare l’assistenza sociale ai volontari dei battaglioni neofascisti che «difendono l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina», bombardando le città della Novorossija. Per non essere da meno, il «Blocco Poroshenko» ha proposto che il governo ucraino tenga la sua prima seduta (forse già la prossima settimana) proprio nel Donbass. Anche se non è solo qui che la situazione sta precipitando.

Secondo l’Osce, continua a peggiorare la sicurezza dei giornalisti in Ucraina: 7 uccisi lo scorso anno, 170 feriti; 80 sequestrati o arrestati; distrutte 30 redazioni. E se finora le violenze erano da addebitarsi quasi solo alle frange apertamente fasciste di Euromajdan, ora che queste sembrano tirare il fiato (al momento, la probabile nuova coalizione di governo pare soddisfarli), è ad opera di giornalisti ligi al governo che vengono presi di mira redattori e operatori, anche stranieri, nelle piazze di Kiev.