Descritta come l’Intifada del Pallone, la madre di tutte le battaglie per i diritti dei calciatori e degli sportivi palestinesi colpiti dall’occupazione militare, lo scontro tra le federcalcio di Israele e Palestina si è chiuso ieri a Zurigo a tarallucci e vino, con la classica stretta di mano tra avversari che si definivano irriducibili nella difesa delle loro posizioni. Mesi di annunci, minacce, parole di fuoco del presidente della federazione palestinese (e dirigente di primo piano del partito Fatah), Jibril Rajoub, sono sfociati nel ritiro della richiesta di sospendere Israele dalla Fifa.

Mentre centinaia di manifestanti riuniti davanti alla sede della Fifa chiedevano, anche con un blitz all’interno dell’edificio, la sospensione di Israele fino a quando non cesserà le sue misure contro il calcio palestinese, e mostravano i cartellini rossi dell’espulsione, Rajoub e il suo omologo israeliano Ofer Eini, negoziavano il compromesso che ha prodotto la proposta palestinese “emendata”.

L’intesa con la rinuncia alla sospensione di Israele dalla Fifa è stata prontamente approvata dall’assemblea di Zurigo. Prevede la creazione di un Comitato congiunto che dovrà affrontare la questione delle pesanti restrizioni imposte dall’occupazione israeliana ai movimenti dei calciatori palestinesi e delle loro squadre, inclusa la nazionale. Il Comitato dovrà affrontare anche la questione delle cinque squadre di coloni ebrei, quindi basate nei Territori palestinesi occupati, che partecipano ai campionati israeliani. Rajoub che appena qualche ora prima ripeteva di non avere fiducia nelle promesse israeliane, a partire da quelle fatte dal premier Netanyahu qualche giorno fa durante i colloqui con il controverso, eppure riconfermato, presidente della Fifa Sepp Blatter, all’improvviso ha cambiato idea. Una stretta di mano tra i presidenti delle due Federcalcio ha suggellato l’esito del voto dell’assemblea (165 a favore, 18 contrari).

Rajoub ha presentato il risultato ottenuto come un successo. Ha annunciato che a decidere sullo status delle squadre dei coloni israeliani ci penserà l’Onu ma in realtà sarà la stessa Fifa. «Ho deciso di ritirare la sospensione ma questo non significa che ho ceduto sulla resistenza», ha affermato il presidente della federcalcio palestinese. Rajoub ha quindi negato l’esistenza di pressioni internazionali sulla sua mossa e avvertito che «se le cose non cambieranno» i palestinesi torneranno a presentare la loro richiesta. Ma il vero risultato di ieri lo spiegano bene i festeggiamenti in Israele. La soddisfazione è stata enorme, dal capo dello stato Rivlin alla vice ministra degli esteri ultranazionalista Tzipi Hotovely. Tanto che il premier Netanyahu ha proclamato, compiaciuto, che «è fallito il tentativo di espellerci dalla Fifa» e definito quella dei palestinesi una mossa che «va ad aggiungersi alle altre unilaterali compiute (dai palestinesi) in diverse istituzioni internazionali». In precedenza aveva accusato l’Anp di Abu Mazen di opporsi «al diritto (degli ebrei, ndr) di avere un stato indipendente» e di voler colpire «la legittimità dello Stato di Israele e del suo calcio».

L’Intifada del pallone, dopo la decisione presa da Rajoub (e dai vertici politici dell’Anp), si è trasformata in un attimo nell’Intifada del pallone sgonfiato, bucato.

Tra gli attivisti, non solo palestinesi, della campagna “Cartellino Rosso per Israele” il disappunto è forte e tra calciatori e presidenti dei club locali non si nutre fiducia nei risultati che raggiungerà il lavoro del Comitato congiunto. Israele difficilmente concederà una status privilegiato ai calciatori rispetto agli altri palestinesi. Da sempre ripete che sulla “sicurezza” non fa sconti a nessuno ed è probabile che i colloqui tra le due federazioni e la mediazione della Fifa produrranno sono cambiamenti cosmetici. D’altronde appena qualche giorno, appena dopo l’incontro tra Sepp Blatter e Netanyahu, durante il quale il primo ministro aveva espresso ampia disponibilità a risolvere i problemi, il nazionale palestinese Sameh Maraabah è stato fermato e detenuto al valico di Allenby per “ragioni di sicurezza” e rilasciato solo dopo diverse ore.