Chi ha ucciso e perché Giulio Regeni? Come mai a distanza di oltre tre mesi dal ritrovamento del suo cadavere sulla strada che collega Il Cairo ad Alessandria, il 3 febbraio scorso, «si sono susseguite varie ipotesi sulla sua morte, ma finora non è emersa nessuna verità»? E cosa sta aspettando il governo per dare ulteriori segnali di fermezza? Nasce con l’intento di dare una risposta a queste domande e come strumento di pressione sulle istituzioni italiane e straniere, la commissione monocamerale d’inchiesta istituita con la proposta di legge che Sinistra italiana presenterà oggi pomeriggio a Montecitorio.

Una commissione, spiega Arturo Scotto, capogruppo di Si alla Camera, che sarà composta da venti deputati, avrà stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria, perciò esente dal segreti vari compreso quello di Stato e peserà sul bilancio interno di Montecitorio con un massimo di 50 mila euro l’anno.

Onorevole, a cosa serve in questo caso una commissione d’inchiesta?
Dopo quasi quattro mesi ci troviamo in una condizione di stallo politico-diplomatico e nelle indagini, nonostante lo straordinario lavoro della procura di Roma, a cui non vogliamo assolutamente sovrapporci. Le ultime notizie ormai rivelano esplicitamente che Regeni è stato ammazzato probabilmente per una faida interna allo Stato egiziano, tra apparati di sicurezza, e non si esclude che anche vertici vicini ad Al Sisi siano tra quelli che hanno contribuito alla fine del ricercatore. Non si muove nulla perché l’Italia, dopo aver richiamato sia pur tardivamente l’ambasciatore dal Cairo per consultazioni, avrebbe dovuto fare qualche passo oltre.

Il governo Renzi non sta esercitando una pressione adeguata?
Deve fare di più, lanciare messaggi chiari alle autorità egiziane, a partire dalla sospensione dei trattati di cooperazione militare con l’Egitto, o da alcune scelte di politica economica e commerciale, penso per esempio al ruolo dell’Eni. Allora, una commissione è decisiva per due motivi: perché è giusto che il Parlamento sia completamente a conoscenza della verità e possa svolgere la propria funzione di indagine su un caso clamoroso sul piano internazionale come accade in altri parlamenti. Così accadrebbe negli Usa o nel parlamento inglese.

Perché una commissione parlamentare dovrebbe riuscire a superare il muro di omertà egiziano o anche inglese, a questo punto?
Si supera se tutte le istituzioni sono pienamente coinvolte e la pressione viene da tutte in modo collegiale. Il parlamento non può essere esclusivamente destinatario di informative quando l’opposizione le chiede. La commissione può condurre indagini non solo in Italia.

Quali possibilità ha, la vostra proposta di legge, di essere calendarizzata a breve nei lavori della Camera? Avete l’appoggio di altre forze politiche?
La possibilità c’è. Ovviamente io faccio un appello a tutti e gruppi politici a sostenere questa ipotesi: è interesse del Paese che ci siano ulteriori strumenti per fare luce su un caso che ha sconvolto l’opinione pubblica. Dobbiamo approvare la legge in tempi rapidi, perché la legislatura ha un altro anno e mezzo di vita. Vede, qualche giorno fa durante il concerto dei Duran Duran a Verona a un giovane è stato chiesto di ammainare la bandiera di Amnesty per Giulio perché considerata non appropriata alla diretta tv. Mi sembra la spia di un Paese che dimentica troppo in fretta e perciò non riesce a difendere i suoi figli migliori. Un Paese così non è neanche in grado di trovare la verità.

Ma forse le notizie di cui lei parlava non avvicinano alla verità che Al Sisi e i suoi sostenitori vorrebbero tacere: la tortura in Egitto è pratica diffusa e non solo riservata a chi sarebbe finito in una faida tra apparati. Quale autorevolezza ha una commissione di un Parlamento che si rifiuta di approvare una legge contro la tortura, differenziandosi così dal regime egiziano?
È vero, il Parlamento non approvando una legge contro la tortura si autodelegittima politicamente e moralmente. Saremmo molto più forti se avessimo una legge che dovrebbe essere la cifra di uno Stato garantista e democratico. Questa vicenda di Regeni oggi consente anche al nostro Paese di guardarsi allo specchio e vedere i propri limiti e omissioni. Mi auguro che le due cose possano procedere insieme.