In caso di esclusione dai ballottaggi delle città la sinistra potrebbe votare per il candidato del Movimento cinque stelle. Di buon mattino ad Agorà (Raitre) Stefano Fassina lancia il primo razzo di segnalazione dalla nuova postazione della «sinistra italiana». È la rottura di quello che a suo modo è sempre stato un tabù a sinistra e cioè il possibile appoggio ad un candidato grillino. L’argomento sono le amministrative. Per la cronaca Fassina alla lettera dice: «Non precludo la possibilità di sostenere un candidato del M5S se sul piano programmatico è più compatibile con la nostra idea di sviluppo di una città». Niente di strano, in teoria: se e dove non arriverà ai ballottaggi la sinistra darà indicazione di votare il candidato con il programma più vicino al suo.

Se non fosse che fin qui i rapporti fra Grillo e la sinistra sono stati pessimi. Nichi Vendola non ha mai risparmiato critiche pesanti al comico genovese: «Usa forme tipiche del populismo di destra, ha tratti xenofobi e omofobi». Per non smentirsi, di recente Grillo ha ritwittato una greve battuta sessista all’indirizzo di Vendola, poi cancellata dalla rete da una mano raziocinante ma tardiva. La storia delle battute al vetriolo fra i due passa anche per le carte bollate: un anno fa il capo dei 5 stelle accusò l’allora governatore pugliese di «non aver fatto niente contro il gasdotto Tap» e quello lo querelò.

Per questo le parole di Fassina, all’indomani del battesimo del nuovo gruppo «Sinistra italiana», lì per lì lasciano perplessi molti. In realtà non sono l’inizio di un avvicinamento ai grillini. I quali, infatti, ringraziano ma declinano il presunto invito ad una alleanza. «Nessuna ammucchiata, se lui appoggia le nostre idee e si riconosce nelle nostre posizioni siamo contenti», risponde la deputata Roberta Lombardi.

Ma, appunto non c’è nessuna offerta da parte dell’ex viceministro. Si tratta piuttosto di un messaggio «logico e chiaro a Renzi», come spiega il politologo Gianfranco Pasquino. Un avviso a Renzi: stavolta la sinistra a sinistra del Pd non si farà incantare dal fronte antiGrillo. Sempreché anche gli elettori la pensino così. «È un fatto oggettivo», lo spalleggia il collega Alfredo D’Attorre, «è già successo che elettori di sinistra al ballottaggio abbiano deciso di votare un candidato 5 Stelle perché quello renziano considerato troppo di destra».

In ogni caso la sinistra avrà quasi ovunque il suo nome. A Roma in pole position c’è proprio Fassina. Sul fronte Pd invece in queste ore viene fatta circolare l’idea della corsa di Nicola Zingaretti. Sarebbe un candidato perfetto per ricomporre la coalizione spappolata, visto che alla regione Lazio governa con Sel in una delle poche isole di ’vecchio centrosinistra’ resistenti al nuovo corso del partito della nazione. Zingaretti del resto due anni fa era considerato il candidato naturale per il Campidoglio. Ma fu dirottato alla regione, caduta prima del tempo a causa delle traversie della giunta Polverini. Renzi, che non lo ha mai amato, a questo giro volentieri lo immolerebbe alla mission impossible di Roma. Ma il governatore smentisce seccamente: «Come ho già detto da tempo, escludo questa ipotesi».

Nella altre città la sinistra ha deciso quasi dappertutto. A Torino sosterrà Giorgio Airaudo, a Napoli Luigi de Magistris, a Cagliari Massimo Zedda (che però è confermato alla guida di una coalizione con il Pd). A Bologna è probabile una candidatura alternativa a quella di Virginio Merola. A Milano invece la scelta è ancora in alto mare. Oggi Renzi sarà in città per lanciare «il dopo Expo» che con ogni probabilità prevede anche la corsa di Giuseppe Sala al posto di Giuliano Pisapia. Una corsa che provoca tormenti a sinistra: se Sala accettasse di partecipare alle primarie, Sel si spaccherebbe fra quelli che vogliono correre da soli e quelli che vogliono mantenere l’alleanza a tutti i costi. Fra cui lo stesso Pisapia.

Intanto l’apertura ai 5 stelle di Fassina provoca un po’ di maretta nella neonata formazione. Soprattutto nella famiglia di Sel. Se per il coordinatore Nicola Fratoianni «il ragionamento di Fassina è ragionevole e condivisibile: le alleanze si fanno sui programmi», per Massimiliano Smeriglio – vice di Zingaretti – quelle parole sono condivisibili, ma fino a un certo punto: «È vero, noi partiamo dai programmi, ma ancor prima vengono i valori: la solidarietà contro una certa vena razzista,l’Europa contro il primitivismo del populismo nazionale. Temo che nessun sindaco a 5 stelle aderirà all’appello della sindaca di Barcellona Ada Colau per una rete di città capace di accogliere migranti e rifugiati». Paolo Cento, segretario dei vendoliani romani, invece si spinge oltre, fino a proporre «un patto di reciprocità: facciamo convergere i voti dell’uno sull’altro al ballottaggio in funzione anti destra» comunque «nell’autonomia di ciascuno», visto che «l’alleanza con il Pd non è più riproponibile».